Toghe rosse ko alle primarie del Csm

"Md" perde quattro punti e rischia di passare da tre a due consiglieri. Avanzano i grillini, spunta Rodotà come vicepresidente

Toghe rosse ko alle primarie del Csm

Sarà anche colpa, come scrivono i leader di Magistratura democratica nel loro primo commento non tanto autocritico, di «una fase politica che sembra premiare scelte corporative e ottiche di breve periodo». Sta di fatto che dalle primarie con cui i magistrati hanno scelto i loro candidati per il prossimo Csm, la corrente storica delle toghe di sinistra è uscita malconcia. Nonostante la grande visibilità che la presenza in posti chiave dà ai suoi leader, Md ha perso quattro punti percentuali, ha visto trombare il suo esponente di punta e rischia di ridurre da tre a due i suoi posti dentro il prossimo Consiglio superiore della magistratura. Dinamiche che sembrano riguardare solo gli addetti ai lavori, e che invece mandano più di un segnale sull'umore della «toga» media, e sul ruolo che i giudici si preparano a svolgere nel prossimo futuro: sapendo che insieme al declino di Md si staglia una novità potenzialmente dirompente: lo sbarco dentro il Csm dei grillini, che - secondo un'ipotesi che circola con insistenza - punterebbero a conquistare la vicepresidenza dell'organismo di autogoverno dei giudici con Stefano Rodotà, già candidato dei 5 Stelle alla presidenza della Repubblica.

Le «primarie» dei giudici si sono tenute alla fine di marzo: una novità voluta da tutte le correnti per ripristinare un po' di democrazia interna, visto che l'attuale sistema elettorale per il Csm produceva di fatto liste bloccate, dieci candidati per dieci posti. Ma con le primarie sono arrivati i dolori per Md: che alle elezioni si presenta nel raggruppamento di «Area», insieme ai colleghi dei Movimenti riuniti, ma da sempre - e legittimamente - punta a portare avanti i propri militanti. Invece se l'esito delle primarie verrà rispettato, per la Cassazione il candidato di «Area» sarà il movimentista Ercole Aprile, che ha sconfitto Giovanni Diotallevi di Md; tra i pubblici ministeri, Antonio Ardituro e Fabio Napoleone, entrambi dei «Movimenti» hanno sconfitto a sorpresa Giuseppe Cascini, segretario dell'Associazione nazionale magistrati. A questo punto, gli unici esponenti di Md nel prossimo consiglio saranno il palermitano Piergiorgio Morosini, gip del processo Stato-mafia, e un moderato come Lucio Aschettino. Fine. Mentre invece si consolidano i «centristi» di Unicost e avanzano i conservatori di Magistratura Indipendente, su cui convergono i voti delle toghe vicine a Comunione e liberazione: il giudice più votato d'Italia è il milanese Claudio Galoppi, ciellino doc.

Ma la vera svolta rischia di arrivare soprattutto dall'irruzione del ciclone Grillo nella vita interna della giustizia italiana. Anche tra i giudici, il mito a 5 stelle della democrazia diretta ha i suoi fan: come Milena Balsamo, magistrato a Prato e leader della cosiddetta «Proposta B», che in vista delle elezioni ha scelto i candidati per sorteggio tra tutte le toghe italiane, in segno di rivolta contro «un sistema di potere bloccato e antidemocratico». E, quel che più conta, adesso il 5 Stelle è in Parlamento, dove voterà per eleggere gli otto componenti «laici», ovvero politici, del Csm, tra i quali viene poi scelto il vicepresidente dell'organismo.

Ovviamente, i grillini vorranno piazzare anche alcuni dei loro.

E voci insistenti dicono che il primo nome che faranno è quello di Stefano Rodotà, giurista, ex garante della privacy ed ex parlamentare Pds, con l'obiettivo di portarlo alla vicepresidenza. A meno che non venga impallinato dai franchi tiratori, come quando Grillo lo candidò al Quirinale.

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