TRATTATIVA STATO-MAFIALa Cassazione difende a oltranza le toghe: il gip è di parte ma non può essere ricusato

Un giudice può scrivere un libro su un processo che deve ancora giudicare, esprimendo pareri espliciti sulla vicenda: ma questo non è un buon motivo perché l'imputato lo possa ricusare. Lo afferma la Cassazione nelle motivazioni depositate ieri in cui ha respinto la richiesta dell'ex colonnello dei carabinieri Giuseppe De Donno, imputato a Palermo nel processo sulla trattativa Stato-Mafia, che aveva inutilmente chiesto di non essere giudicato dal giudice Piergiorgio Morosini. Il giudice prima ancora di tenere l'udienza preliminare aveva scritto un libro «Attentato alla giustizia», da cui secondo De Donno emergeva già chiaramente il suo convincimento.
La Cassazione afferma che «al giudice, come ad un qualsiasi altro cittadino, non può essere negata la libertà di esprimere il proprio punto di vista su qualsiasi argomento sui quali potrebbe trovarsi a giudicare» e che comunque quelle di Morosini erano «affermazioni del tutto generiche, prive di riferimenti al possibile, ineludibile esito del procedimento». Alcuni passaggi dello scritto di Morosini, che secondo De Donno erano inequivocabili, secondo la Cassazione erano «singole espressioni estratte dal complesso degli interventi».

E i comunicati che lanciavano il libro, in cui era scritto che «la ragion di Stato non può spingere addirittura alcuni uomini delle istituzioni a compiere delitti in difesa di una repubblica in pericolo» erano stati scritti dall'editore e non da Morosini. Che poi rinviò a giudizio De Donno.

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