"Siamo dalla parte del popolo ucraino contro l'invasione russa. Il Pd è coerente”. Lo ha assicurato ieri Enrico Letta, nel corso del suo "ultimo atto da segretario” mentre si trovava davanti all’ambasciata ucraina. Ma, a un anno dall’inizio della guerra, i democratici sono davvero così compatti nel sostegno a Kiev?
Senza andare troppo indietro nel tempo è sufficiente guardare l’esito delle ultime votazioni per accorgersi che questa tanto decantata compattezza non è comprovata dai fatti. Il 6 ottobre dello scorso anno, in occasione del voto di una risoluzione del Parlamento europeo sulla guerra in Ucraina, sono stati ben 7 gli europarlamentari a non aver seguito le indicazioni del partito: Pietro Bartolo, Caterina Chinnici, Andrea Cozzolino (sì, proprio lui), Giuseppe Ferrandino, Camilla Laureti, Franco Roberti e Massimiliano Smeriglio. Il 25 gennaio scorso, invece, in occasione del voto sul decreto legge che autorizzava il governo a inviare altre armi a Kiev, Laura Boldrini non ha partecipato alla votazione e non lo hanno fatto neanche alcuni esponenti di Articolo Uno, partito che “morirà” poco dopo le primarie.
Il congresso dei democratici, infatti, è stato presentato come ‘costituente’ perché doveva servire ad allargare il Pd. A chi? Ma, ovviamente, agli esponenti di Articolo Uno che sono stati eletti in Parlamento solo grazie ai voti della lista ‘PD- Italia democratica e progressista’. In sintesi, il Pd, alle ultime Politiche, ha cambiato denominazione per accogliere nelle sue liste Roberto Speranza e gli altri bersaniani che lasciarono il partito nel 2017. Ora l’ex ministro della Salute, infatti, insieme agli altri esponenti di Articolo Uno, risulta iscritto al gruppo del Pd. Ma se è vero che lui, Federico Fornaro e Cecilia Guerra hanno votato per l’invio delle armi, altrettanto non si può dire del deputato Nicola Stumpo Arturo Scotto che, invece, hanno disertato la votazione. “Il tema non è il sostegno all’Ucraina, che è il paese aggredito. Il tema è se pensiamo di andare avanti con forniture militari sempre più potenti e sofisticate senza intavolare alcun negoziato”, spiega Scotto a ilGiornale.it che teme che un’escalation del conflitto. “Come abbiamo visto stiamo discutendo ora di Jet e di armi a lungo raggio: questo significa che lo scontro tra Nato e Russia rischia di diventare diretto e dunque deflagrante”, sottolinea. Il deputato non condivide la linea del Pd che “purtroppo” sembra ancora troppo poco pacifista: “Tranne generiche affermazioni, c’è una tendenza alla rimozione del fatto che lo sdoganamento dell’olocausto nucleare può portare a scenari pericolosissimi. Eppure mai come oggi, dalla crisi missilistica di Cuba direi, il mondo ha danzato sul ciglio del burrone”.
A votare contro l’invio delle armi, invece, non erano stati solo Verdi e Sinistra Italiana (alleati del Pd alle ultime Politiche), ma anche il deputato Paolo Ciani, segretario di Democrazia Solidale (la formazione politica vicina alla Comunità di Sant’Egidio) che è stato eletto in Parlamento sempre con la lista ‘allargata’ del Pd. Ora, sebbene non abbia la tessera del partito, risulta comunque iscritto al gruppo dei democratici e progressisti. “Ci sono dei distinguo da fare. L’assistenza e l’invio delle armi sono due cose differenti”, dice. " Un conto è quando si parla del sostegno all’Ucraina e un conto è votare contro l’invio delle armi, come ho fatto io.
Ho sostenuto l’Ucraina presentando vari ordini del giorno, che sono stati approvati dal governo, sull’accoglienza ai profughi, sull’assistenza sanitaria e sugli aiuti umanitari, ma – sottolinea Ciani - sono contrario a un provvedimento che dà, per un anno, carta bianca al governo sull’invio delle armi. Il Parlamento, secondo me, deve essere informato di volta in volta”. Una posizione totalmente dissonante rispetto a quella sbandierata più volte da Letta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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