Da Ue e Bce arrivano i soccorsi: spunta l’ipotesi «Eurobond light»

Da Ue e Bce arrivano i soccorsi: spunta l’ipotesi «Eurobond light»

Prime crepe nel muro di Berlino. Dopo i tanti, troppi nein sventolati in faccia come cartellini rossi agli indisciplinati partner europei, adesso i toni duri della granitica Germania d’improvviso si stemperano. Sarà l’effetto del voto filo-europeista greco, ma quello di Guido Westerwelle, ministro tedesco degli Esteri, è quasi un cinguettio da Twitter: «Posso immaginare che si rivedano i tempi delle riforme chieste ad Atene». Gut, bene. Ma ancora non basta. Altri passi vanno compiuti per chiudere quel luna park dell’horror finanziario che rischia di diventare Eurolandia. Già a partire da oggi, con il via alle danze del G20 in Messico, è prevedibile un pressing più o meno serrato sulla cancelliera Angela Merkel con l’obiettivo di riuscire nella messa a punto di un piano vincolante per la crescita e l’occupazione. Non sarà facile. Non incoraggiano i precedenti vertici, spesso inconcludenti e ridotti a generiche affermazioni di principio. Si spera, almeno, che il vertice decida la ricapitalizzazione per 430 miliardi di dollari della dotazione del Fmi, indispensabile per creare un nuovo firewall per l’Europa.
Toccherà comunque all’Europa farsi carico dello sforzo maggiore per ricompattare ciò che oggi appare ancora disaggregato nelle convenienze dei singoli Stati. I leader del Vecchio continente hanno tenuto ieri in tarda serata una conference call, in cui sono stati riconosciuti gli «sforzi considerevoli» fatti da Atene, cui verrà «dato sostegno» nel processo di aggiustamento del bilancio. La speranza è quella di una «formazione veloce» di un nuovo governo ellenico: solo successivamente la troika Ue-Bce-Fmi tornerà nella capitale greca per valutare i progressi fatti nella ristrutturazione dei conti. Ora resta da convincere i tedeschi su molti altri punti in agenda. È questo l’intento del quadrumvirato composto da Unione europea, Commissione Ue, la Bce guidata da Mario Draghi e l’Eurogruppo. Se nessuno è ancora riuscito a far digerire gli Eurobond a Frau Angela, ecco uscire dal cilindro una versione light del titolo di Stato europeo, da tirare fuori forse già questa settimana o, più probabilmente, al vertice Ue di fine giugno. Scelto anche un nome nuovo di zecca: Euro-bills. Secondo il piano ancora allo studio, le obbligazioni potranno essere emesse da ciascuno Stato in percentuali predeterminate, calcolate in base al proprio prodotto interno lordo e solo di fronte al più stretto rispetto delle regole di bilancio comunitarie. Obiettivo: fare in fretta, senza aspettare i tempi lunghi dell’unione di bilancio.
Questo è il primo binario per mettere l’euro in sicurezza. L’altro fa capo al presidente francese François Hollande - ieri fresco vincitore anche alle legislative - e al suo maxi-piano da 120 miliardi per la crescita.

Il progetto prevede una serie di grandi cantieri (reti intelligenti, energie rinnovabili, digitalizzazione), detta misure per l’occupazione e arriva fino alla Tobin tax (la tassa sulla transazioni finanziarie) grazie a 55 miliardi di fondi strutturali Ue, a 60 miliardi raccolti dalla Bei sui mercati, fino a circa cinque miliardi di project bond, emessi in modo congiunto dai Paesi dell’Eurozona per finanziare le infrastrutture.
Carne al fuoco ce n’è insomma tanta: riuscire a portarla al giusto grado di cottura sarà tutta un’altra faccenda.

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