Ultimatum ai partiti Cinque cose da fare, poi tutti a casa

Giustificata l’euforia dei grillini. Ma si è trattato solo di elezioni amministrative, buone per misu­rare il polso del Paese e inutili ai fini della stabi­lità

Ultimatum ai partiti Cinque cose da fare, poi tutti a casa

Giustificata l’euforia dei grillini. Al loro posto esulteremmo anche noi. Ma si è trattato solo di elezioni amministrative, buone per misu­rare il polso del Paese e inutili ai fini della stabi­lità. Il nuovo sindaco di Parma,oltretutto,rice­ve un’orrenda eredità dal predecessore: un de­bito di 600 milioni. Gestire la città sarà un dramma, le casse sono vuote e non si riempi­ranno. È vero che Catania, sepolta dai passivi, ricevette un cospicuo aiuto dallo Stato. Ma Ca­tania è in Sicilia, e ha molti santi in paradiso.

A parte questo, la prova del nove per il Movi­mento Cinque stelle sarà il prossimo anno, quando si svolgeranno le consultazioni politi­che. È pacifico che se i partiti tradizionali non cambieranno registro, subiranno un’altra so­nora sconfitta. Di conseguenza, Beppe Grillo otterrà una quantità di voti straripante. Dopo di che, cosa se ne farà? Finiti i festeggiamenti per lui, e i funerali per i suoi concorrenti, come governerà l’ex comico? Con quali alleati, con quali programmi, con quali prospettive? Inter­rogativi, questi, che non appassionano i citta­dini, occupati come sono a guadagnarsi da vi­vere, quindi assorbiti da mille problemi, eccet­to quelli istituzionali che, invece, sono la cau­sa dell’ingovernabilità.

Infatti, la Costituzione, non essendo mai sta­ta riformata e adattata alle esigenze attuali, ben diverse rispetto a quelle della neonata Re­pubblica, impedisce notoriamente a qualsiasi premier di realizzare le promesse fatte in cam­pagna elettorale. Perfino Mario Monti, chia­mato con i suoi professori ad affrontare l’emer­genza davanti alla quale la politichetta nazio­nale aveva fallito, trascorso un periodo breve­la cosiddetta luna di miele - si è reso conto di non essere all’altezza del compito affidatogli. Tant’è che anche ieri,pur sotto l’incalzare del­le grane (terrorismo, terremoto, debiti dello Stato verso gli imprenditori bisognosi di liqui­do), si è limitato a somministrare un brodino agli «affamati».

Ovvio. Non vi sono denari in cassaforte ma solo buchi; non c’è verso di tagliare gli sprechi; l’economia ti­ra poco, eccetera.E l’esecutivo-privo di mar­gini di manovra e costretto a dire signorsì a qualunque leader della maggioranza atipica che lo sostiene- ha fatto quel poco che poteva. Comprendiamo lo stato d’animo della gen­te, disillusa e sfiduciata, portata a proteste va­ghe che si sostanziano in voti antipolitici. D’al­tronde il cittadino non dispone di altri stru­menti per farsi udire: reagisce affidandosi al­l’ultimo arrivato, sia pure un parvenu della po­litica, una faccia nuova, uno che almeno pro­nunci discorsi chiari, comprensibili, diversi dalla logomachia cui si dedicano i partitanti allo scopo di imbrogliare le carte e confonde­re gli elettori.

Ma serve altro per salvare la Patria. Certa­mente, Beppe Grillo a Palazzo Chigi sarebbe più divertente di Rigor Montis. Già. Diverten­te, ma nulla più. Anche lui avrebbe le mani le­gate­dalle norme vecchie come il cucco che di­sciplinano, rallentano e addirittura azzerano ogni mossa del governo e del Parlamento.

A forza di pesi e contrappesi, l’apparato si è inceppato. Produce solo complicazioni, di­storsioni: non c’è una legge che vada in porto se non stravolta dalla farraginosità del bica­meralismo, dalla volontà del Quirinale, dai giudici costituzionali, da una giustizia pronta a interferire in tutto tranne che in casa pro­pria.

Al rinnovo delle Camere mancano 11 mesi, pochissimi per intraprendere una rifondazio­ne dei partiti in modo che questi siano in gra­do di presentarsi agli elettori con una reputa­zione riverniciata. Essi rischiano dunque un flop mortale, e se il Pd si illude di profittare del­lo sbandamento generale per strappare qual­che suffragio in più degli avversari sbaglia di grosso. Quale utilizzo ne farebbe nell’impos­sibilità di governare? Qui si va incontro a un cataclisma senza precedenti. C’è solo una scappatoia, suggerita dalla disperazione: si elegga un’assemblea costituente che renda il sistema decente. Subito, però. Non si perda tempo in polemiche insensate che danneg­giano tutti, voi per primi, signori politici. Lo ca­pite o no che avete toccato il fondo?

Per quanto riguarda l’esecutivo, rassegna­tevi ai tecnici che, però, vanno investiti di

re­sponsabilità circoscritte: cinque punti pro­grammatici imprescindibili, solo quelli. Cin­que priorità che vi trovino tutti d’accordo. Suv­via, non rendetevi ridicoli. Poi, aggiustata la macchina, si tornerà alle urne.

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