Per vendere palazzi pubblici ne affittano uno di lusso

La cessione del patrimonio dello Stato resta al palo. Eppure la società incaricata prende in locazione una sede in centro a Roma

Per vendere palazzi pubblici ne affittano uno di lusso

Si fa presto a dire «spending review». Quando si tratta di immobili, infatti, non sempre la volontà dello Stato di risparmiare coincide con i riscontri fattuali. È il caso di Invimit, la società creata dal Tesoro per accelerare la dismissione degli immobili pubblici agendo come un vero e proprio fondo di investimento (ha infatti ottenuto l'autorizzazione di Bankitalia).

Eppure, questa società, nata per velocizzare il taglio del debito pubblico con la vendita del «mattone di Stato», proprio risparmiosissima non è. Invimit ha infatti affittato una sede da circa 400 metri quadri a Roma nei pressi di Fontana di Trevi non da un ente pubblico, ma da Inarcassa, la cassa di previdenza degli ingegneri e degli architetti. A queste rimostranze l'ad di Invimit, Elisabetta Spitz (che tra parentesi è un architetto), ha sempre replicato che ella dirige «una società di diritto privato che opera sul mercato e a regole di mercato» e che non era «emersa la disponibilità di immobili pubblici utili» a ospitarne il quartier generale. Inoltre Invimit si è rivolta a un ente previdenziale e non a un soggetto privato. Il canone di locazione, negoziato con Inarcassa, dovrebbe inoltre attestarsi attorno ai 5mila euro mensili. Eppure, secondo quanto trapela da Via XX Settembre, il Tesoro avrebbe - a suo tempo - messo a disposizione un immobile equivalente nei pressi del Quirinale. In ogni caso, il ministro Fabrizio Saccomanni e i dirigenti del ministero avrebbero evitato di esacerbare i toni, proprio per evitare una spiacevole diatriba.

Eppure, oggi il Consiglio dei ministri discuterà del problema relativo alla dismissione degli immobili. E sicuramente la vicenda non è un buon viatico. Se Saccomanni avesse alzato la voce, probabilmente i presupposti sarebbero diversi. Anche in tema di spending review. È difficile, infatti, spiegare alle amministrazioni pubbliche (in primo luogo alle forze dell'ordine) che gli immobili - caserme incluse - con affitti troppo onerosi andrebbero abbandonati, mentre qualche altro organismo, evidentemente, ha risorse a disposizione. In ogni caso, Invimit ora è pienamente operativa e potrà passare alla vendita dei primi 350 immobili che l'Agenzia del Demanio le trasferirà. Altra possibilità prevista è la creazione di fondi immobiliari nei quali far confluire questi cespiti e poi proporli agli investitori.

Ma se l'opera di Invimit è materia dell'attuale legge di Stabilità, molto più preoccupanti sono le indiscrezioni che giungono relativamente al trasferimento di alcuni immobili a Fintecna, società del gruppo Cassa depositi e prestiti. Il decreto «manovrina» dello scorso ottobre prevede che, su 1,6 miliardi di introiti per tenere il rapporto deficit/pil al 3% quest'anno, 500 milioni giungano dalla cessione di alcuni asset immobiliari alla Cdp. Per deliberare questa «partita di giro» (la Cassa è controllata al 70% dal Tesoro) serve il via libera di un dirigente ministeriale. Secondo quanto si apprende, un alto funzionario di Via XX Settembre ha finora evitato di «mettere la faccia» sul provvedimento, evidentemente ritenendo la materia suscettibile di critiche. Occorre, perciò, individuare un altro direttore cui passare la patata bollente. Il processo di selezione non è così rapido come si potrebbe prevedere e non c'è nessuno che scalpita per l'incarico.

Il problema non è di poco conto.

Senza quei 500 milioni della Cdp il rischio è che l'Italia chiuda l'anno già con il rapporto deficit/pil sopra il 3% e che, pertanto, Bruxelles indirizzi i suoi strali (cioè una nuova procedura di infrazione) ben prima di comprendere in tutti i suoi mirabolanti dettagli i contenuti della legge di Stabilità.

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