RomaÈ successo in un giorno. Meno, in poche ore. Anche se i segnali, a guardare tutto col senno di poi, c'erano stati già durante le primarie del Pd. Ma il segretario del partito non li aveva visti. Dalle ceneri della sconfitta di Bersani rifioriscono i petali della Margherita.
La drammatica giornata che ha segnato la resa definitiva del leader democratico ha determinato un'inversione radicale, e forse irreversibile, dei pesi nella bilancia piddina. Tramontato l'astro di Bersani, con lui abbassa il capo tutta l'ala dei massimi lealisti, i bulldozer del segretario che con lui hanno negato fino all'ultimo minuto ogni ipotesi di apertura al Pdl. Tutta la compagnia degli ex Ds fedeli alla linea maggioritaria. Riprenderanno quota forse un giorno, oppure no, ma in questo momento gli equilibri sembrano essersi spezzati.
Sono i centristi adesso a dirigere il gioco. Più leali a Napolitano che ai dogmi di partito. Più responsabili agli occhi degli italiani. Sono loro, i fondatori e figli della Margherita, ora a reggere il pallino. Enrico «Bruto» Letta e Dario «Cassio» Franceschini, che hanno stretto in una morsa Bersani con le ultime parole, definitive come pugnalate, consegnare ieri al loro segretario.
Stritolare Bersani significa lanciare verso un futuro certo da leader l'ex sfidante, il giovane sindaco Matteo Renzi. Lui aspetterà nell'ovile di Firenze che il governicchio faccia il suo corso, e intanto preparerà una campagna elettorale finalmente per prendersi tutto.
Rinasce la ex Margherita. Dopo l'immersione nel grottesco, nel tunnel dei soldi spariti, l'onta dello scandalo che travolse l'ex tesoriere Luigi Lusi, i milioni sperperati, sprechi e lussi, il primo caso di una serie lunga che ha travolto anche altri, dalla Lega al Pdl in Regione Lazio, emblema di una casta odiosa che ha tolto la fiducia agli elettori di tutti i partiti, dopo l'abisso, arriva il riscatto.
Dal fango della tesoreria svuotata, gli ex democristiani poi ex margheritini come Rosy Bindi e Beppe Fioroni si ritrovano ora a diventare traghettatori di tutto il Pd. Da fratelli meno fortunati, o parenti poveri che dir si voglia, a anima democratica.
Vince nel Pd la flessibilità post-democristiana, vince sull'intransigenza e sulla chiusura degli ex comunisti. È una battaglia che i centristi avevano perso sempre, a capo chino. Anche quando Renzi aveva perso le primarie per colpa pure di regole rigidissime, non modificate in corso d'opera, in vista del secondo turno, proprio per non aprire il partito agli elettori «impresentabili», per conservare gli elettori acquisiti, senza tolleranza. È la vittoria dei tolleranti, per interesse o per formazione, ora che l'intransigenza di Bersani si è frantumata contro lo scoglio di Napolitano e un'inedita testuggine degli ex Dl.
Renzi continua a seguire le vicende da Firenze e «fuori da tutti i giochi». Il suo nome continua a circolare anche per la premiership, ma la logica vuole che, se ha saputo pazientare una volta, a dicembre, dopo le primarie, lo farà anche la seconda.
C'è il congresso del partito alle porte, dovrebbe svolgersi ad aprile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.