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Il verdetto del giudice: "Giusto garantire le cure. Ma sul carcere duro non si cede al ricatto"

Non è una battaglia di libertà, ma alimenta le aspettative dei mafiosi

Il verdetto del giudice: "Giusto garantire le cure. Ma sul carcere duro non si cede al ricatto"

Non cambia nulla. Valerio de Gioia, giudice al tribunale penale di Roma, autore di molti libri e direttore della rivista NJUS - edita da LaTribuna - non ha dubbi: «È giusto, anzi doveroso garantire cure adeguate e tempestive a Cospito, ma questo non incide e non può incidere sul 41 bis».

Un attimo, davanti ad un aggravamento delle condizioni di salute, non sarebbe meglio adottare una soluzione umanitaria? «Revocare il 41?

Non se ne parla: vorrebbe dire cedere a un ricatto».

Aspetti: se il detenuto sta male, la clemenza non prevale?

«Parliamo di uno sciopero della fame, non di una malattia, che fra l'altro potrebbe essere imitato da altri detenuti con effetti disastrosi. In ogni caso, lo Stato offre strutture e medici per aiutare il detenuto a superare questa crisi. Gli faranno, immagino, flebo con glucosio».

Ma se dovesse rifiutare anche quelle?

«Vedremo. L'ospedale non è il carcere e i medici faranno tutto quello che possono con il massimo scrupolo. In ogni caso, il 41 bis sta su un altro piano».

Quale?

«Non c'entra, almeno in prima battuta, con le condizioni di salute. Anche Messina Denaro è malato, e pure gravemente, ma potrebbe benissimo continuare a dare ordini e direttive alla sua rete criminale». Il 41 bis è, secondo molti esperti, oltre i limiti della civiltà del diritto. «Guardi, la Cassazione, giusto il 7 febbraio, ha confermato la legittimità costituzionale del carcere duro, spiegando che questo istituto comporta una limitazione dei diritti soggettivi, non già la loro radicale privazione».

E se Cospito dovesse morire?

«Si farà di tutto per evitarlo. In ogni caso non mi convince chi dice che si tratta di una battaglia di libertà».

L'anarchico non si mette nella scia delle storiche battaglie combattute dai radicali?

«Quelli lottavano i per diritti di tutti, corrette o sbagliate che fossero le loro scelte, Cospito alimenta le aspettative dei mafiosi. E solo le loro, come si evince dalle intercettazioni ambientali: i boss che gli parlano gli suggeriscono di andare avanti, di tenere duro, si mostrano interessati, anzi soddisfatti per come ha fatto esplodere la questione sui media. Francamente, non mi pare un bel segnale».

Quindi non ci sono vie d'uscita a questo braccio di ferro?

«No, Cospito ha altri strumenti, giuridici, per far valere le sue ragioni, e mi risulta che li stia correttamente utilizzando. Nei prossimi giorni la Cassazione si pronuncerà sulle sue richieste: se dovesse emergere che i legami con l'esterno sono saltati, il 41 bis verrà cancellato. Certo, mi pare molto difficile un cambio di rotta subito dopo la decisione di Nordio di non fare marcia indietro». Il ministro ha interrogato anche il Comitato nazionale di bioetica.

Stiamo entrando in un ginepraio all'italiana?

«Le problematiche in gioco sono complesse e scivolose, ma dobbiamo distinguere, almeno a grandi linee, le diverse situazioni». Cospito nel testamento biologico chiede di essere lasciato al suo destino. Si rispetteranno le sue volontà? «Certo, ma quella norma riguarda uno stato estremo, assolutamente irreversibile. Qui, per fortuna, siamo in un'altra realtà: drammatica ma non compromessa.

E lo Stato deve essere attento, e perfino premuroso, ma dignità e fermezza possono andare a braccetto».

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