Ma il vero truffatore è lo Stato che gira i nostri soldi ai partiti

La provocazione: una legge ha reso regolare il denaro che arricchisce le formazioni politiche e chi lo riceve può spenderlo come vuole. I tesorieri non sono disonesti, sono solo "diversamente innocenti"

Ma il vero truffatore  è lo Stato che gira  i nostri soldi ai partiti

D’ improvviso una bufera si abbatte sulla Lega. Uno pensa: sarà la pro­cura di Milano in un’ininterrotta nostalgia di tangentopoli, nell’an­niversario di Mani pulite, celebra­to come un’epoca felice. E invece no: il vento viene da Napoli, e addi­rittura da Reggio Calabria.

Cosa c’entrano Napoli e Reggio Calabria colla Lega Nord? Da quando in qua i reati (eventual­mente) commessi a Roma o a Mila­no sono perseguiti da avamposti così lontani? D’accordo, un tem­po c’era Cordova e mandava da Napoli i «suoi» uomini fino a Pesa­ro, a sequestrare gli elenchi degli iscritti al Rotary. Sembrava un’epoca finita, invece ecco venti finanzieri e un drappello di carabi­nieri arrivare a via Bellerio inviati di Woodcock. Ancora Woodcock. Irresistibilmente attratto dalle azioni spettacolari e sorprenden­ti: tutte vane e fallimentari. Dissol­ta la P4 è arrivata l’ora della Lega. Il giustiziere è in azione, il reato inesistente. Già insospettiva la vi­cenda Lusi, prototipo del faccen­diere di un’epoca nuova incui si è provveduto a legalizzare ciò che era illegale.

Un tempo privati, aziende, im­prese garantivano, non senza van­taggio, finanziamenti illeciti ai partiti. Poi una provvida legge ha sostituito quei contributi «sponta­nei » con «rimborsi elettorali», ri­gorosamente definiti per legge in circa quattro euro per ogni eletto­re, con garanzia di Stato. Improv­visamente usciti dalle insidie di approvvigionamenti di fortuna, amministrati da abili tesorieri, i partiti sono diventati ricchissimi e i tesorieri meno abili e più rapa­ci. Le decine, quando non le centi­naia, di milioni di euro assicurate ai partiti senza alcuna relazione con le spese realmente affrontate, hanno determinato un impressio­nante accumulo di risorse. Oggi leggiamo di cifre che non si capi­sce come spese o come spendere. Tra elezioni politiche, elezioni re­gionali, elezioni europee il picco­lo partito di Di Pietro ha accumula­to circa cento milioni di euro ocu­l­atamente amministrati dallo stes­so Di Pietro, dalla ex moglie e da un’amica nominata in Parlamen­to ( non eletta) e nominata tesorie­ra. Gestione familiare.

Chissà che un giorno anche Woodcock, co­me De Magistris non faccia un suo partito e possa affidare la gestione dei rimborsi elettorali alla mam­ma e alla fidanzata! Intanto abbia­mo, in proporzione, centinaia di milioni per il Pdl e per il Pd, buone riserve per il Fli, per quanto rima­ne dell’ex An, circa 240 milioni di euro per l’ex Margherita confluiti nelle casse del Pd e allegramente (ma non illecitamente) ammini­­strati da Lusi. In rapporto colle percentuali elettorali si può presumere che la Lega abbia accumulato in questi anni circa 150 milioni di euro. Con distacco e buon gusto (!)Bos­si non ha ritenuto di affidare l’am­ministrazione di questi «rimbor­si » (che, in quanto tali, se fossero a piè di lista porterebbero nelle ca­s­se dei partiti non più di un decimo di quello che, indistintamente, ot­tengono) alla moglie e magari al fi­glio e ha scelto il proprio Lusi in Belsito, oggi indagato con grande dispiego di forze dell’ordine paga­te da noi, in trasferta da Napoli e da Reggio Calabria. Cosa cerca­no? E di cosa si occupano? Se sono rimborsi, chi li ottiene, a fronte di spese già sostenute (sulla carta) li potrà spendere come vuole. Non si tratta di finanziamenti illeciti. Si tratta di utilizzo di denari legal­mente ricevuti mettendoli a frut­to. Si chiamano: investimenti. Non vorrei alla fine che Lusi, ac­c­usato non di avere preso finanzia­menti illeciti ma di avere distratto finanziamenti leciti, risultasse in­colpevole per avere semplicemen­te cercato di non tenere immobi­li­zzate cifre così grandi, e colpevo­le Rutelli per omesso controllo, per non avere verificato se quegli investimenti, transitati sui conti privati di Lusi, avessero come de­s­tinazione e obiettivo finale di tor­nare nella disponibilità del parti­to.

Di quale partito, poi? Se è vero che la Margherita, indimenticabi­le ritrovo di ex democristiani della Prima repubblica disonesta, si è sciolta nel 2007 nel Pd, rimanen­do ancora oggi abilitata a ricevere i cospicui rimborsi per un’attività non più svolta. In questa conclusione è eviden­te che Lusi non poteva utilizzare la ragione sociale della Margheri­ta ma utilizzare la propria, col be­neficio di restituire quello che non era suo, così come ha garanti­t­o con i regali per le sue nozze pro­messi ai terremotati dell’Aquila e «posteggiati»sul suo conto corren­te. Ciò che è corrente scorre e può andare ovunque. Anche al posto giusto. Ed eccoci ora a Belsito. Ciò che se ne dice e ciò che si vede non è raccomandabile. Ma mai fidarsi delle apparenze. Tra i suoi reati, ri­sulterebbe, per infamare il leader che egli abbia garantito delle prov­viste per la famiglia Bossi. Un’ac­cusa grave e, speriamo, infonda­ta. Ma in ogni caso non un reato. Con soldi illeciti io non posso arric­chirmi, coi soldi dei rimborsi (sul­la carta di altri già spesi) farò quel­lo che voglio. Come si può indaga­­re su finanziamenti regolari?

Cosa cerca Woodcock? Non è forse co­me sempre alla ricerca del colpevo­le, prima che del reato? E Lusi e Bel­s­ito non saranno diversamente in­nocenti e responsabili solo di ave­re agito all’insaputa dei loro capi? Ed è lecito che i capi di un partito non sappiano cosa fanno i loro de­­legati a una materia così delicata come i finanziamenti elettorali? Da una parte Rutelli,dall’altra Bos­si, nell’epoca delle cose che acca­dono «a loro insaputa»

di questo dovremmo meravigliarci, non di quello che due capaci (come si è ri­conosciuto) tesorieri hanno com­piuto, a tutela del denaro che con questa legge di altri non è che dei partiti. E allora cosa c’entra Woo­dcock?

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