VERSO LE ELEZIONI

Veltroni promette coesione. Ma tra teodem, radicali e dipietristi la convivenza sarà impossibile

da Roma

No all’eutanasia, sì all’eutanasia. No alla separazione delle carriere dei magistrati, «sì assolutamente». La legge 40 sulla fecondazione è «oscurantista»? «Non va toccata», secondo altri. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è sacro, ma non per tutti: «Apriamo il dibattito», insiste un’altra voce. Le droghe: «non vanno liberalizzate», certo che no, ma c’è chi rispolvera condanne per «disobbedienza civile». Quattro anime, otto punti discordanti, o controversi, dal lavoro ai temi etici, fino all’immigrazione e alla giustizia. Storie diverse, culture a confronto che spesso parlano lingue intraducibili: Pd, teodem del Pd, dipietristi e radicali. La nuova alleanza a un mese e mezzo dalle elezioni si confronta e si scontra. Perché è la storia che parla, prima delle strette di mano degli ultimi giorni.
Dalle rapide risposte di quattro dei principali esponenti della nuova alleanza veltroniana emerge un variopinto quadro di insieme. Ex popolari, transfughi della Margherita, ex diessini e nostalgici della Quercia, ai quali poi si deve aggiungere un pizzico di radicale condito dal sapore forte dell’ex magistrato di Mani pulite Di Pietro. Le piccole risposte nascondono differenze enormi del passato difficili da nascondere dietro il paravento di Walter Veltroni.
Personalità incompatibili a tutti i livelli come quelle di Marco Cappato e Paola Binetti. L’eurodeputato radicale è anche il segretario della fondazione Luca Coscioni, che da sempre si batte per la libertà di ricerca e il diritto all’eutanasia. Cappato e la senatrice teodem Paola Binetti si sono trovati su fronti opposti quando i radicali hanno promosso il referendum, poi fallito, sulla legge 40 che regolamenta la fecondazione assistita. Per i più cattolici del Pd questa legge va benissimo, i radicali hanno appena concluso uno sciopero della fame per modificarla. La distanza sui temi etici è sicuramente la più evidente e non riguarda soltanto la componente cattolica dei teodem ma anche quella degli ex popolari come Pierluigi Castagnetti e Giuseppe Fioroni, lontani anni luce dalle posizioni dei radicali.
Le spine radicali riguardano pure il problema dei condannati nelle liste. Emma Bonino e Marco Pannella volevano candidare anche l’ex terrorista di Prima linea, Sergio D’Elia. Impossibile per il codice etico che si è autoimposto il Partito democratico che esclude categoricamente dalle liste i condannati per fatti di sangue. E inimmaginabile anche per il rigore dei dipietristi, che fanno delle liste pulite, dopo le mani pulite, un «cavallo di battaglia».


Parlando di Di Pietro, non si può nascondere come il giustizialismo dell’Italia dei valori sia completamente in contraddizione con il garantismo dei radicali, che anzi, a proposito delle candidature senza macchie, provocano con la segretaria Rita Bernardini: «Perché non fanno una legge sulle candidature invece di questa ipocrisia?». E per l’Italia dei valori è molto importante reintrodurre il reato di falso in bilancio. Per gli alleati non è certo un problema che toglie il sonno.

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