Un video smaschera i provocatori Insulti al carabiniere: "Pecorella"

Ecco cosa accade in queste ore in Piemonte. I veri eroi? I militari che restano impassibili

Un video smaschera i provocatori  Insulti al carabiniere: "Pecorella"

«Che fai pecorella?...Vorrei vederti sparare». Il manifestante No Tav e il carabiniere. Sono a pochi centimetri l’uno dall’altro. Le loro facce quasi si toccano. Potrebbe sembrare un duello, è un monologo. Il militare è immobile. Imperscrutabile dietro la visiera e la maschera antigas. Il militare è muto. Ha la bocca cucita. Il militante invece va a ruota libera, provoca, stuzzica, cerca lo scontro. Siamo a Chianocco, uno dei tanti focolai di guerriglia di queste giornate difficili. I due sono divisi da una staccionata. Ed è a quella palizzata che si appoggia l’estremista pronto a insultare, con parole beffarde, mai urlate, pensate per far scattare la molla della reazione: «Che pecorella sei? Non ce l’hanno un nome o un numero? Lo sia che sei un illegale? Dovresti avere un numero di riconoscimento. Io così non so chi sei». Ed ecco che il ribelle, sfrontato, declina le sue generalità.
Lo show, registrato e immortalato dai fotografi, avviene in un grande piazzale. S’intravedono altri militari, tutti in assetto antisommossa. Hanno lo scudo e la mascherina canonica. Gli occhi sono seminascosti dalla bardatura. Ma in quel momento non sta succedendo niente. La guerra si combatte solo sul piano dei nervi. Ci sono state giornate sanguinose, battaglie furibonde. Carabineri e poliziotti sono stati feriti, colpiti e azzoppati con spranghe, con biglie di ferro lanciate come proiettili, perfino con getti di ammoniaca. Ormai la Val di Susa è una palestra a cielo aperto dell’eversione italiana e non solo di quella. Il tribunale del riesame di Torino parla di «devastante e incontenibile violenza collettiva» e, per chi non avesse ancora capito, suona ancora l’allarme descrivendo «la propensione ad un uso strumentale della violenza spinta a livelli di massima ed irreparabile micidialità».
Ma in quel frangente le ordinanze della magistratura sono letteratura. Il carabiniere è costretto ad ascoltare sillaba per sillaba le contumelie che l’altro con grande calma gli rovescia addosso, sempre fingendo un amabile colloquio, la bocca aperta sopra una barba vagamente carismatica: «Sai anche sparare? Vorrei vederti sparare».
L’uomo in divisa pare sempre una statua. Chissà quali tentazioni malandrine stanno galoppando nella sua testa. Ma riesce sempre a non cedere, anche se dev’essere peggio di una tortura sentirsi lentamente sommergere da quel torrente di insulti, il tutto in diretta per le telecamere. L’altro allora alza ancora il tiro: «Gli dai anche i bacini alla tua ragazza con quella mascherina? Così non gli attacchi le malattie».
Lo spettacolino potrebbe pure finire lì. Ma il carabiniere non muove nemmeno un muscolo. E il No Tav cerca un’ultima volta di incendiare la scena: «Bravo, bravo. Comunque per quello che guadagni non vale la pena stare qui. Vi siete divertiti? Fra sei ore ci vediamo qua, il cantiere dura per vent'anni... vai in pensione vestito così, vestito come uno stronzo. E noi ci divertiamo a guardare voi stronzi».
Risata.

Il militare ha fatto solo il suo dovere. Un eroe da giorno feriale: salvaguardare l’ordine. E la dignità. Fra sberleffi. Gesti di scherno. E tuto il resto. Allo stadio capita la domenica. In Val di Susa giorno per giorno.

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