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Vietato criticare la "santificazione della Murgia". ​ Lo scontro tra cattolici

La giornalista Costanza Miriano, il vescovo di Sanremo, don Antonio Suetta, e tutti coloro che dissentono dalla santificazione della Murgia sono stati aspramente criticati proprio dai cattolici

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La figura di Michela Murgia sembra avviata verso la santificazione, ma qualcuno nel mondo cattolico inizia a dissentire. E viene subito preso di mira sui social (e non solo).

“Ma di cosa stiamo parlando? Di una religione cristiana e cattolica che domina da un paio di millenni milioni di persone, della conversione forzata nei secoli degli eretici, dei non credenti e dei diversamente credenti, oppure del desiderio di due persone che si amano di potersi sposare e del consenso che questo desiderio suscita?”, ha tuonato su YouTube Marco Antei, presidente dell’Arcigay Imperia che si è scagliato contro il vescovo di Ventimiglia e Sanremo, Antonio Suetta, che aveva osato criticare il tifo da stadio che si è visto durante i funerali della scrittrice sarda. La giornalista Rai Costanza Miriano, invece, ha osato scrivere su Facebook un lungo post in cui ha scritto: “Che il mondo la beatifichi dunque è normale. Che lo facciano i media cattolici sinceramente no” e, a supporto di questa tesi, ha ricordato le battaglie della Murgia a favore dell’aborto, dell’eutanasia e della teoria gender. E ha aggiunto: “Mi chiedo come mai i media cattolici siano affetti da un complesso di inferiorità così forte da esaltare chi contesta il Catechismo e la nostra visione dell’uomo”. Apriti cielo! Le critiche più feroci sono arrivate proprio dal mondo cattolico e la Miriano è stata costretta a scrivere un secondo post per replicare a chi sostiene che non si possano dare patenti di cattolicità: "Il cuore lo conosce solo Dio, ma è chi prende posizioni pubbliche e politiche opposte a quelle del Catechismo che si chiama fuori”. E conclude: “I pastori che vogliono a tutti i costi mostrarsi aperti e morbidi e flessibili e fluidi sui fondamentali (come per esempio la verità della sessualità e del matrimonio) in verità, al fondo, non credono veramente che il peccato rende infelice l’uomo. Perciò non sono buoni, come vorrebbero essere, ma hanno la responsabilità del fatto che tanti uomini e donne manchino la piena felicità nella loro vita”.

Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, interpellato da ilGiornale.it, è dello stesso avviso: “Negli ultimi decenni c’è la tendenza ad andare verso il mondo, perdendo di vista i fondamentali della Chiesa Cattolica. È come se ci fosse un complesso di inferiorità nei confronti del mondo e, quindi, un doversi adeguare ai dettami mondani, come direbbe Papa Francesco”. Secondo Coghe è proprio questa tendenza che ha portato a una sorta di santificazione della Murgia che in realtà non dovrebbe esservi “dato che lei diffondeva un pensiero profondamente anticristiano”. E, in questo contesto, chi dissente viene subito contestato “perché – dice Coghe - viviamo nell’era del politicamente corretto chi dissente rispetto al pensiero unico dominante deve essere zittito, annichilito e insultato, ma noi non abbiamo paura e sosteniamo che la Murgia non è una santa dei nostri giorni”. Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia e amico di lunga data della Murgia ricorda bene quando lei nel lontano 2007 sostenne la sua candidature alle primarie fondative del Pd e quanto li unisse “il comune retroterra ecclesiale”. “Solo negli ultimi dieci anni della sua vita ha sviluppato e reso pubblica una vera e propria deriva ideologica che sembrava ossessivamente prona al femminismo più bieco, alla guerra dei sessi mascherata da lotta al ‘patriarcato mesozoico’, che poi alla fine diventava brutale lotta alla famiglia naturale”, spiega Adinolfi che si chiede: “Davanti ad una weltanschauung che aveva trasformato la brava militante dell’Azione Cattolica in una sostenitrice della meglio non precisata “famiglia queer”, ostile ai bambini, che considera il matrimonio un lutto, che sostiene esplicitamente l’utero in affitto, davvero c’è chi ha il coraggio di contestare le parole del vescovo Suetta?”.

I cattolici che lo contestano, secondo Adinolfi, vivono una subalternità culturale “verso la paccottiglia ideologica della contemporaneità che va smembrata” e, per comprendere ciò “basta leggere il Vangelo, che è assai più duro della traduzione alla ‘volemose bene, va bene tutto’ che alcuni vogliono far passare cancellando il concetto stesso di peccato dal magistero della Chiesa”.

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