
Dopo Ustica si apre la strada dei maxi risarcimenti sulla strage di Nassiriya, nonostante gli alti ufficiali accusati di aver fatto troppo poco per difendere la base distrutta da un attentato in Iraq siano stati tutti assolti. Ieri sera i giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno rinviato la causa risarcitoria ai giudici d'appello di Roma. Ovvero verranno riaperti i soli effetti civili della sentenza che lo scorso anno aveva assolto il comandante della base saltata in aria, l'allora colonnello Georg Di Pauli. In pratica i familiari delle vittime e i feriti che si sono costituiti parte civile potranno chiedere un indennizzo al ministero della Difesa.
Lo stesso procuratore generale militare, Antonino Intelisano, ha chiesto nella sua requisitoria alla Cassazione una sentenza in tal senso sostenendo che a Nassiriya «vi era l'obbligo di riduzione del rischio. Le giustificazioni sono inaccettabili, non si aveva a che fare con vigili urbani della circoscrizione, lì c'era una situazione di guerra».
Sia caduti che feriti hanno già ricevuto non pochi soldi dallo Stato, dalle assicurazioni e da varie collette di solidarietà nazionale, oltre ad un vitalizio mensile. Per diverse vittime stiamo parlando di cifre superiori ai 700-800mila euro. Anche i feriti, compresi quelli definiti dai loro stessi commilitoni «falsi traumatizzati» sono stati risarciti con decine o centinaia di migliaia di euro.
In 25 fra familiari dei caduti e feriti non si sono costituiti parte civile nel procedimento contro il comandante di base Maestrale, Georg Di Pauli, oggi generale. Altri 31 invece hanno deciso di farlo con l'obiettivo di chiedere ulteriori corposi indennizzi, che in alcuni casi arrivano ai 2 milioni e mezzo di euro.
Di Pauli è stato definitivamente prosciolto dalla giustizia militare dall'accusa di non aver messo a punto misure adeguate per la sicurezza della base. Per farlo avrebbe dovuto bloccare gran parte del traffico di Nassiriya a cominciare da uno dei tre ponti sul fiume Eufrate, nome in codice Alfa, che attraversava la città. È vero che l'intelligence ed in particolare il comandante della polizia irachena aveva lanciato l'allarme di un possibile attentato. Il problema è che il comando inglese di Bassora, competente per tutta l'area, non voleva difese più possenti che avrebbero infastidito la popolazione. Non solo: la base doveva essere la classica caserma dei carabinieri in mezzo alla gente e non arroccarsi. I terroristi in Iraq sono riusciti a penetrare in basi ben più protette.
Secondo Intelisano la sentenza d'appello che il 7 febbraio 2012 aveva assolto Di Pauli «è ambigua e dà l'idea di un giudizio sintetico a priori, a prescindere dalle evidenze emerse nel corso del processo». Per il procuratore generale militare sono «assolutamente fondate» le censure formulate da 31 parti civili nel ricorso alla Cassazione. Intelisano ha rincarato la dose sulla strage sostenendo che «se fossero state approntate le misure necessarie, si sarebbe evitata una tragedia di questa entità. L'obiettivo era minimizzare il rischio». Grazie alla decisione della Cassazione la causa andrà avanti presso la Corte d'appello civile di Roma per i risarcimenti chiesti al ministero della Difesa.
Il 12 novembre 2003 morirono a Nassiriya, in un attacco suicida, 12 carabinieri, 5 militari dell'esercito e due civili. Altri furono feriti gravemente e alcuni, che si trovavano nell'altra base, la Libeccio, oltre il fiume hanno pure lamentato traumi.
Per Nassiriya sono finiti sotto processo altri due generali, che comandavano il contingente, Vincenzo Lops e Bruno Stano, entrambi assolti. Per Stano, però, la Cassazione ha già disposto un processo civile riguardante i risarcimenti delle vittime, tuttora in corso.
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