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La volata Pdl parte dalla Lombardia

L'alleanza con la Lega considerata vincente anche per le politiche. Maroni: "Non sarò solo il presidente del Carroccio"

La volata Pdl parte dalla Lombardia

Milano - «Voglio fare il governatore della Lombardia e di tutti i lombardi. Non solo della Lega». Roberto Maroni sceglie un luogo simbolico per un proclama elettorale che è anche un programma politico. Siamo nella sede del Pdl di viale Monza e il candidato presidente della Regione arriva a sorpresa a salutare i candidati milanesi del Popolo della libertà, a cercare aiuto e sostegno nel capoluogo. Milano, tra tutte le province della Regione, è il luogo in cui l'appeal dell'ex ministro leghista è meno forte.
In Lombardia, nel luogo del «sacrificio del Pdl», è ripartita l'alleanza tra il Popolo della libertà e la Lega. Roberto Maroni è un po' la personificazione dell'accordo. Silvio Berlusconi ha insistito fino all'ultimo per rilanciare la coalizione che ha vinto alle Politiche del 2008 e alle Regionali del 2010. All'inizio sembrava una mossa spericolata e ora i sondaggi sembrano dare ragione a questa scelta. «Un sondaggio Swg ci dà avanti di tre punti» dice Maroni. «In tutta Italia il centrodestra è ormai a due punti di distanza dal centrosinistra» dichiara il coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani, snocciolando le ultime rilevazioni di Euromedia research.
Maroni ha avuto il suo bel daffare nel convincere i leghisti all'intesa con il Pdl. E oggi ribadisce che su questa scelta politica lui si gioca il tutto per tutto. Ha già assicurato che lascerà la segreteria della Lega alla fine delle elezioni, comunque vada la partita. Fa un nuovo passo. Rivendica il suo passato da ministro dell'Interno: «Quando assumo un ruolo istituzionale non mi faccio condizionare dall'appartenenza di partito. E ho messo a disposizione la mia onestà su cui non transigo».
Sul palco, al fianco di Maroni e Mantovani, il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, gli ex ministri Mariastella Gelmini e Paolo Romani, l'ex sottosegretario Luigi Casero. Sono tutti candidati alle elezioni in arrivo. Mantovani correrà anche in Regione e si parla di lui come del possibile, futuro vicepresidente della Lombardia. «In Lombardia si gioca il futuro, l'esito della battaglia elettorale» dice Lupi. E Gelmini: «Noi giochiamo per vincere».
C'è la battaglia per la successione di Roberto Formigoni. E quella determinante per Palazzo Madama. La Lombardia elegge quarantanove senatori e, in base alla legge elettorale, ventisette andranno alla coalizione che vince. I restanti ventidue dovranno essere divisi tra le altre coalizioni che hanno superato l'8 per cento. Così, i destini del Parlamento e di palazzo Lombardia si legano stretti. «Cedere alla Lega il candidato presidente è stato un sacrificio - ricorda Mantovani - ma l'abbiamo fatto, perché abbiamo a cuore una visione complessiva del Paese e non della sola Lombardia. Con questa coalizione possiamo vincere».
Maroni propone il suo programma, sintetizzato e mixato: «Voglio migliorare le cose ma anche valorizzare tutto ciò che di buono è stato fatto». Rilancia la macroregione del Nord. E rassicura i cattolici sui temi a loro cari: «Intendiamo valorizzare la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

È uno dei pilastri della Lombardia».

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