Volkswagen licenzia Marchionne «Deve lasciare l'auto europea»

Volkswagen raccoglie il guanto di sfida lanciato da Sergio Marchionne. E va al contrattacco: «Mr Marchionne è insopportabile come presidente dell'Acea. Gli chiediamo di dimettersi». Altrimenti, ha spiegato il responsabile della comunicazione Stephan Gruehsem, potrebbe essere il gruppo tedesco ad abbandonare l'associazione delle case automobilistiche europee. «Chi siede in una casa di vetro non può lanciare sassi. È la Fiat che distrugge i prezzi in Europa, non Volkswagen». Si infiamma dunque la polemica innescata dalle dichiarazioni dell'ad Fiat che ha accusato Volkswagen di alimentare in Europa una guerra sui prezzi che danneggia tutto il settore, chiedendo alla Commissione europea di coordinare una razionalizzazione del settore in tutte le case automobilistiche. «Quelli che davvero non si sono mossi in questo senso - ha detto Marchionne - sono i francesi e i tedeschi, che non hanno ridotto minimamente la capacità».
A stretto giro, era già arrivata la prima replica: giovedì, durante la presentazione dei risultati del primo semestre, il responsabile vendite di Volkswagen, Christian Klingler, ha sottolineato che la società non persegue una politica di prezzi eccessivamente aggressiva in Europa, e soprattutto ha dimostrato come il marchio non conti solo sul Vecchio Continente per fare numeri da record. Grazie al buon andamento di Audi in Cina e negli Stati Uniti che ha permesso di compensare gli effetti della crisi in Europa, infatti, la casa tedesca ha realizzato una crescita dell'utile operativo del 7% a 6,49 miliardi di euro, al di sopra delle stime degli analisti, e aumentato le vendite del 23% a 95,4 miliardi di euro. Volkswagen infatti non significa solo il marchio omonimo - che tra l'altro è numero uno in Cina, ormai diventato il primo mercato mondiale - ma controlla soprattutto due giganti come Audi e Porsche, oltre a Seat, Skoda, Bentley, Lamborghini, Bugatti e Scania.
Risultati in netto contrasto con quelli delle altre case automobilistiche concorrenti, come la francese Psa Peugeot Citroen, che infatti si prepara a chiudere lo stabilimento di Aulnay, Ford Europa e Opel, la controllata europea del gigante americano General Motors, che chiude i bilanci in rosso dal 1999. Fiat, che presenterà i suoi conti martedì prossimo, ha preferito non commentare le durissime dichiarazioni della «rivale» tedesca. Bruxelles, invece, batte un colpo: «Non siamo a conoscenza di collusioni o abusi di posizioni dominante o di altre pratiche da parte di Volkswagen». Così il portavoce del commissario europeo alla Concorrenza, Antoine Colombani, ha dato implicitamente ragione alla casa automobolistica tedesca, pur non volendo apertamente commentare le dichiarazioni di Marchionne: «Le regole europee sulla concorrenza sono note», si è limitato a dire.
Non è la prima volta, d'altra parte, che tra Fiat e Volkswagen c'è tensione: celebre lo scambio di battute al vetriolo a proposito dell'Alfa Romeo. All'inizio del 2011, era corsa voce di un interesse del colosso tedesco per il marchio italiano, e Sergio Marchionne, in pieno salone dell'auto a Detroit, l' aveva definito sprezzantemente «uno scherzo».
Ma oggi la situazione è diversa: e il mercato dell'auto europeo vive una crisi particolarmente severa. E il numero uno del Lingotto, in quanto presidente dell'Acea, si è in un certo senso fatto portavoce dei molti costruttori del Vecchio Continente in sofferenza.
«Il mercato americano dopo le bancarotte del settore auto, Gm e Chrysler - commenta Stefano Aversa, presidente della società di consulenza AlixPartners - ha saputo trovare la ripresa, anche grazie all'azione del presidente Obama e ne è uscito ristrutturato, con una capacità produttiva adeguate alla domanda, mentre il mercato europeo dopo la fine degli incentivi ha continuato a calare. Trovare una soluzione concertata al problema dell'eccesso di capacità produttiva a livello europeo d'altra parte è auspicabile ma anche difficile, perchè in questo momento l'Europa ha tanti altri problemi e anche in campo politico fa fatica a raggiungere un'unità d'intenti».


In pratica, nell'Acea rischia in un certo senso di ricrearsi la spaccatura fra Paesi forti e deboli che divide l'Eurozona: e ancora un volta, è la Germania a giocare un ruolo di primo piano Anche se al posto della cancelliera Merkel, c'è l'amministratore delegato Martin Winterkorn.

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