Narra la leggenda che David Anzalone, in arte Zanza, agli inizi della carriera avesse aperto una società che «affittava handicappati per parcheggiare nei posti riservati senza rischiare multe».
Forse si tratta solo di una «carognata», perfettamente in linea con il titolo che David scrisse nel 2008, dal titolo appunto Handicappato e carogna (Mondadori). E David, handicappato e carogna (soprattutto carogna) lo è davvero. Ma Anzalone è soprattutto un genio che riesce a ridere (e a far ridere) della sua disabilità, spazzando a colpi di battute politiccaly scorrect ogni aurea di ipocrisia che da sempre avvolge il mondo dei «diversamente abili» (eufemismo buonista che la dice lunga su un certo approccio al problema).
David, 38 anni, tetraplegico dalla nascita, smonta la commiserazione perbenista, ricomponendola con i mattoncini dell'autoironia. Lui - un «infermo» - che corre veloce sugli spasmi della sua malattia. La gente che assiste alle performance di Anzalone sulle prime resta sgomenta, poi ride (ma lo fa con un certo disagio), infine torna a casa, dove riflette sullo strano senso di «pietismo» provato durante gli sketch di un cabarettista così straordinariamente «diverso». Ed è qui - in questa specie di seduta di autocoscienza del suo pubblico - che Zanza vince la propria scommessa umana e e professionale. Dimostrando al mondo che nulla è meglio della risata per abbattere i tabù.
Un'arte - questa di ridicolizzare le «disgrazie» - che David ora insegna anche in un corso di recitazione curato dal Centro Teatrale Senigalliese dove tutti sono ben accetti: normali e «subnormali». L'importante è non essere dei «minorati» in tema di autoironia. La stessa dote che porta Anzalone a dire che - da spastico - il suo cruccio più grande è quello di non riuscire con facilità a slacciare il reggiseno a una donna. A Zanza, anche sotto il profilo sessuale, va alla grande: «Da quando faccio l'attore, ho più gnocca...». Lontanissimi quindi i tempi in cui le donne per Anzalone erano come le Olimpiadi: «Una ogni quattro anni...». E chissà che non riesca pure a coronare il suo sogno erotico: «Imitare lo spagnolo Josito, il primo disabile protagonista di un film porno». Per non parlare di quella volta che David cercò di rimorchiare una prostituta e lei rispose: «Poverino, ti sei perso?» e lo riaccompagnò a casa.
Sa essere urticante Anzalone, quando dice di avercela con quelli in carrozzina perché «hanno tutti i privilegi»; Anzalone li chiama, provocatoriamente, «borghesi dell'handicap». Poi confessa che «quando va in giro con gli amici il fumo lo porta lui, che tanto non lo perquisiscono mai». Scrivono i suoi esegeti: «Una forza della natura, un talento travolgente che sta conquistando il pubblico teatrale (Ciak, Zelig e Ambra Jovinelli compresi) e fa innamorare la critica. Perché riesce, come mai nessuno finora, a scherzare con spietata ironia sui luoghi comuni e gli stereotipi più pelosi che girano attorno al mondo della disabilità».
Intanto l'«allegra» corsa ad handicap di David è diventata un esempio per tanti giovani: «Mi chiamo Donato Di Giacomo ed ho 39 anni. Anch'io sono un ragazzo disabile. La mia malattia si chiama tetraparesi spastica. Ho letto il tuo libro e mi è piaciuto. Mi ha fatto ridere, anche se è un po' crudele»; entusiasta anche un altro suo fan, Claudio Borghesi: «Eccezzionale! Una nuova comicità che ci deve far molto riflettere».
Chi avesse dei dubbi può assistere a «Targato H», lo spettacolo che Anzalone porta in giro per l'Italia soprattutto all'interno del circuito dei «teatri sociali». Roba impegnata, ma senza rinunciare al buonumore. I «disabili» (alla risata) restino pure a casa.
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