Guerra Libia

Interpol, mandato di cattura per Gheddafi Scontri a Tripoli, il raìs riprende al Zawiyah

Resta infuocata la situazione in Libia. Secondo Al Jazeera ci sarebbero stati altri 17 morti a Bengasi. L'Interpol spicca un mandato di cattura internazionale per il leader e 15 collaboratori per impedirne la fuga e bloccare i beni. Scoppia la rivolta anche in Yemen e l'esercito apre il fuoco sui ribelli

Interpol, mandato di cattura per Gheddafi 
Scontri a Tripoli, il raìs riprende al Zawiyah

Non cessano gli scontri in tutto il territorio libico. Secondo la televisione al Jazeera, almeno diciassette persone avrebbero perso la vita in presunto attacco sferrato dalle forze fedeli a Muammar Gheddafi contro un deposito di armi a Rajma, sobborgo alla periferia di Bengasi, seconda città della Libia ed epicentro dell’insurrezione contro il regime. Si tratta di una delle installazioni più importanti della regione. Non si ha la certezza che si tratti di uno scontro, però. Perché Le milizie insurrezionali hanno circondato il sito, perché la BBC, che riporta fonti mediche, afferma invece che il deposito sarebbe esploso per un incidente e non a causa di un attacco. Secondo testimoni oculari, la potentissima esplosione avrebbe fatto saltare in aria un’auto-pompa dei vigili del fuoco e raso al suolo diverse abitazioni adiacenti.

Il mandato dell'Interpol Intanto l'Interpol ha spiccato un mandato di cattura internazionale contro Muammar Gheddafi e quindici suoi stretti collaboratori, come ha annunciato la tv al Arabiya. Il provvedimento è anche una diretta conseguenza della risoluzione 1970 dell'Onu e serve a impedire al leader libico e al suo entourage di lasciare il paese. L'ordine di allerta globale (o avviso arancione) diramato ha l'obiettivo di segnalare alle forze dell’ordine dei 188 Stati membri "la pericolosità degli spostamenti dei 16 individui e di bloccare i loro beni".

La rivolta si sposta su più fronti. Mentre si manifesta a a Tripoli, scoppia il caso anche in Yemen. L’esercito yemenita avrebbe aperto il fuoco questa mattina su un gruppo di manifestanti che si erano radunati nella zona di Harf Sufiiyan, nella provincia di Omran, nel nord dello Yemen, per chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh. Secondo la tv al Arabiya, i morti sarebbero due e nove i feriti, tutti tra i manifestanti sciiti. Intanto, il responsabile della Croce Rossa tunisina lancia l'allarme: circa 100mila persone hanno attraversato la frontiera tra Libia e Tunisia dal 20 febbraio scorso, fuggendo dalle violenze scoppiate nel Paese.

L'Italia propone un nuovo piano Marshall La Farnesina sta valutando l'idea di aiutare anche nel lungo periodo i paesi del su del Mediterraneo. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha infatti affermato: "Abbiamo oltre 600 milioni di euro di crediti verso questi Paesi che potremmo trasformare in investimenti per le infrastrutture. Aggiungendo 300 milioni di crediti e aiuti arriviamo quasi a un miliardo di euro a livello nazionale". In vista del Consiglio straordinario Ue dell’11 marzo, l’Italia chiederà "che ci sia questo piano Marshall per il Mediterraneo". Frattini ha anche detto sostenere il progetto della Banca europea per gli investimenti (Bei) di una rete europea per rilanciare le piccole medie imprese di quei Paesi.

Libia, tensione per il venerdì di preghiera Sale la tensione a Tripoli, in occasione della festività musulmana del venerdì. Gli oppositori di Gheddafi manifestano nella capitale libica all’uscita delle moschee dopo la preghiera del pomeriggio. Spari sono stati uditi sulla piazza Algeria nel centro della città. Le forze di sicurezza provano a disperdere la folla con lacrimogeni. Un denso fumo nero si leva da edifici dietro la moschea. Non molto distante, a piazza Verde, scontri tra oppositori e sostenitori di Gheddafi. Intanto le brigate fedeli al colonnello avrebbero ucciso 20 miliziani della tribù
degli al-Najuf, originari di Ras Lanuf, perché si sono rifiutati di reprimere con la forza i rivoltosi presenti nella loro città. Venerdì scorso, ci sono stati violenti scontri davanti ad alcune moschee della capitale. Secondo fonti non confermate ci sarebbero state anche alcune vittime. Ma i ribelli non molleranno facilmente la presa: "Vittoria o morte... non ci fermeremo finché non avremo liberato questo Paese", ha detto il leader del Consiglio Abdel Jalil, parlando ai suoi sostenitori.

Zawiyah torna all'esercito, gli insorti conquistano Ras Lanuf Ad una cinquantina di chilometri ad ovest da Tripoli, nella città di al Zawiyah, più di 50 persone sarebbero rimaste uccise e 300 ferite negli scontri scoppiati oggi tra i rivoltosi e le forze libiche. A raccontarlo alla tv satellitare Al Jazeera sarebbe un testimone, mentre l’altra principale televisione panaraba, al Arabiya, parla di "almeno 13" morti. La tv di stato, intanto, ha annunciato che la città è stata ripresa dalle forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi, anche se gli insorti parlano solo di "città circondata". Dopo una giornata di scontri con l'esercito di Gheddafi, però i rivoltosi hanno conquistato l'aeroporto di Ras Lanuf, nella zona orientale della Libia.

Giornalisti bloccati nelle alberghi Al momento, le autorità libiche non permettono ai giornalisti stranieri di uscire dall’albergo in cui sono ospitati sostenendo che oggi è necessario un permesso speciale per muoversi in città. Le autorità libiche hanno bloccato un gruppo di giornalisti stranieri all’interno di un albergo a Tripoli per impedire che raccontino le proteste che si terranno presumibilmente al termine delle preghiere del venerdì. Nell’hotel Rixos si trovano circa 130 giornalisti, invitati dal governo libico e i cui movimenti sono però strettamente controllati. Quando il gruppo di reporter, tra cui quelli della Reuters, hanno tentato di uscire dall’albergo, situato a sud del centro di Tripoli, alcune guardie hanno bloccato loro la strada. Un portavoce del governo libico, Mussa Ibrahim, ha detto che i giornalisti vengono tenuti all’interno dell’albergo Rixos, perchè la loro presenza potrebbe scatenare ulteriori violenze da parte di quelli che ha descritto come "affiliati" di al Qaeda.

E Gheddafi paga comunque i debiti... Nonostante la sanguinosa rivolta armata che da tre settimane sconvolge il suo paese, il leader libico Muammar Gheddafi non dimentica di onorare i propri debiti. Lo rende noto il giornale cipriota Cyprus Weekly dando notizia di un pagamento di quattro milioni di euro ordinato dal regime libico a favore del governo della Repubblica di Cipro e di varie aziende cipriote. Il debito della Libia nei confronti di Cipro, precisa il giornale, ammonta a 7.5 milioni di euro ed il trasferimento dei quattro milioni, avvenuto ieri, è stato confermato oggi dalla Ragioneria generale dello Stato. Dei quattro milioni di euro arrivati a Cipro, 500.000 euro hanno ripagato debiti con il governo di Nicosia mentre i restanti 3.5 milioni erano pagamenti destinati ad aziende dell’isola che vantavano crediti nei confronti del governo di Tripoli.  

Napolitano: "Fermare ogni azione militare" Al consiglio per i diritti umani di Ginevra, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano invita Gheddafi a fermarsi, "Sosterremo qualunque sforzo - spiega il capo dello Staro - perché la Libia rispetti i diritti umani e sia riammessa al Consiglio per i diritti umani dell’Onu da cui è stata sospesa. Gheddafi deve fermare ogni azione militare diretta contro il suo proprio popolo".

Invece all'Unione europea Napolitano ha fatto sapere che "la gestione della frontiera europea non può essere lasciata ai singoli Stati membri". E ha concluso: "Non è la frontiera di un paese è la frontiera dell’Europa"

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