«Intesa Sanpaolo lontana dalla politica»

da Milano

Un’assemblea per due: i soci di Intesa Sanpaolo hanno ieri celebrato la loro prima assise «in comune» a fusione avvenuta, a Torino. Un’occasione colta al volo da Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza, per ripercorrere le tappe dell’operazione e per rivendicare l’autonomia della banca dalla politica. Con particolare riferimento al governo Prodi.
«Non posso accettare - ha detto Bazoli - che sia messa in discussione la condizione di piena autonomia e indipendenza di questa banca dalla politica. Tutti sanno come è nata questa banca, che governo e opposizione sono stati informati solo a conclusione dell’accordo». Solo in un secondo tempo, ha continuato, «è iniziata una campagna mediatica volta a spiegare la vicinanza al governo e in particolare al presidente del consiglio».
Erano in tanti, nel palazzo di piazza San Carlo, i piccoli azionisti, chiamati, per effetto della governance duale, a dare l’ok solo al dividendo (il bilancio è stato approvato dal consiglio di sorveglianza). Più di trenta interventi, chiedendo spiegazioni su ogni possibile questione. Alla fine è stato approvata la cedola di 38 cent per le ordinarie e 39,1 per le risparmio. Il consiglio è stato integrato con la nomina di Giuseppe Mazzarello, mentre su proposta (presumibilmente concordata) del socio di minoranza Cdc, il numero dei membri del cds è rimasto a quota 19, con il ritiro delle due candidature di Fondazione Monte Paschi di Siena e dalla Fondazione Cariparma. Tra i grandi soci c’era interesse per la quota di Zaleski: il finanziere si è presentato con il 3,89% (meno del 4,9% finora noto). Mentre tra le comunicazioni dell’ad, Corrado Passera, è emersa la dismissione di un terzo della quota detenuta dal Santander (2,2%), per 600 milioni.
Una parte rilevante dell’assise è stata occupata dalla vicenda Telecom: «Abbiamo effettuato l’investimento in Telecom perché pensiamo di fare un’operazione di grande interesse per la nostra banca e i suoi azionisti» ha detto Passera. Mentre il responsabile del settore «corporate», Gaetano Micciché, ha detto: «Siamo convinti di avere fatto una buona operazione per il nostro conto economico e che farà il bene anche di una grande azienda del paese». Nessun dettaglio, invece, sulle strategie industriali perché «questo compete al management». Insomma, non una operazione in difesa dell’italianità, ma un buon investimento per «una grande banca che si sente orgogliosa di essere italiana e favorire gli investimenti proposti», ha detto ancora Passera.
Il consiglio di gestione, prima dell’assemblea, ha dato il suo via libera all’operazione Telco, cioè all’acquisto del 10,6% della holding che, insieme con Mediobanca, Benetton e Telefonica, controllerà il 23,6% di Telecom Italia (oggi toccherà al consiglio di Mediobanca).


Nel frattempo, in piazza Affari, sono proseguite le vendite su Telecom (-0,98% a 2,13 euro) che in tre sedute, dopo la diffusione dei termini dell’accordo su Telco, ha ceduto il 6,1%. Intensi gli scambi, pari al 3,1% del capitale, ma «sono solo numeri - commentano gli operatori - legati ai fondi speculativi che, delusi dall’operazione, si scatenano».

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