Intesa, stop ai tagli «Troppe richieste»

da Milano

Dire che la fusione Intesa
Sanpaolo abbia causato problemi di occupazione non si può proprio. E se è vero che le aggregazioni bancarie italiche, a differenza delle lacrime e sangue di quelle anglosassoni, non hanno mai fatto notizia per gli effetti della mannaia sui lavoratori, ora il caso Intesa diventa emblematico: il gruppo ha bloccato 1.139 prepensionamenti perché il numero delle richieste è troppo alto rispetto ai 6.500 esuberi del gruppo previsti. La decisione è stata comunicata in una lettera unilaterale ai sindacati, nella quale la banca annuncia che «cessa l’efficacia dell’accordo del primo agosto 2007», quello che definiva le uscite per il 2008 e il 2009. Fino al 12 marzo saranno raccolte tutte le domande, poi sarà fatta una selezione in base alla maggiore prossimità alla pensione e, a parità, dell’età anagrafica. Nel 2007, grazie agli accordi raggiunti prima della fusione, hanno lasciato le banche del gruppo 4.200 dipendenti. Erano previste altre 2.300 uscite: 1.800 nel 2008 e 500 nel 2009.

Al 29 febbraio, le domande sono state 3.439, quindi 1.139 in più. Se fossero accettate tutte, gli oneri straordinari salirebbero da 1 miliardo e 70 milioni, cifra prevista nel piano d’impresa, a 1 miliardo e 700 milioni.

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