Intimidazioni al ballottaggio Elettori trascinati alle urne

da Harare

L’opposizione parla di umiliazione del Paese, di vergogna e di punto più basso nella storia dello Zimbabwe. Al summit dei ministri degli Esteri del G8 a Tokyo, Franco Frattini ha tuonato contro le elezioni farsa, e ha proposto il ritiro di tutti gli ambasciatori europei da Harare. Ma Robert Mugabe, dal seggio dove alle 11.30 si è recato per depositare il suo voto a se stesso, si è detto ottimista. «Mi sento in piena forma e sono molto fiducioso» ha detto Mugabe, 84 anni, dopo aver votato.
Fiducioso che anche questa volta la farà franca, probabilmente. E che potrà ancora continuare ad arricchirsi alle spalle di quello che una volta era il granaio d’Africa. Intanto, il suo rivale Morgan Tsvangirai, a capo del Movimento per il cambiamento democratico, continua a uscire dall’ambasciata olandese dove si è rifugiato una settimana fa, soltanto per delle sparute conferenze stampa. «Quella di oggi non è un’elezione - ha dichiarato ieri -. È un esercizio di coercizione sulle masse con la gente costretta a votare».
Rispetto alla prima tornata elettorale, il 29 marzo scorso, ieri nei 9.000 seggi dello Zimbabwe non ci sono state file, nonostante le violenze e le pressioni per convincere la gente a recarsi alle urne per votare per l’ennesima volta Mugabe. Non perché fossero convinti, ma perché dopo la sconfitta al primo turno, il vecchio dittatore ha deciso di non lasciare loro scelta, colpendo duro il Movimento di Tsvangirai con arresti, violenze e uccisioni. Colpendo così duro che anche l’ex minatore, pur essendo coriaceo e pur essendosi opposto a lungo a Mugabe, si è dovuto arrendere e si è ritirato dalla corsa alla presidenza.

Per sapere come hanno votato i quasi sei milioni di cittadini che avrebbero potuto esercitare questo diritto, bisognerà aspettare i prossimi giorni, quando la Commissione elettorale dello Zimbabwe comunicherà i risultati «ufficiali» delle 210 circoscrizioni in cui è stato diviso il territorio.
Il tutto, fra lo scandalo e l’impotenza dei governi africani, occidentali e delle Ong che operano nel Paese.

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