Un intimista dal suono un po’ sedativo

È il più sedimentato degli improvvisatori italiani, ed ha passato la cinquantina. Ha avuto i migliori maestri possibili, Azio Corghi e Luciano Berio; attorniato da amici di avanguardia, ha avuto il merito di rifugiarsi in plaghe più tranquille. Ha composto per varie formazioni musicali, e musica di scena.
Ma il suo posto naturale è al pianoforte, dove prende posizione quietamente e inanella frasi gradevolissime. Non tenta le lunghissime melodie ed evita i sobbalzi ritmici. Talora indugia sulle note ribattendole, che può essere un bel gesto per convincere o chieder attenzione. Spesso lascia risuonare a lungo i suoni, un modo che oggi viene considerato orientale e dunque meditativo. La sua musica richiama tracce di percorsi compiuti, che ricordano gli autori classici ed anche pop, e a volte insiste su disegni ripetuti alla maniera minimalista.
A volte traccia flebili sentieri verso uno stile che potrà essere suo in futuro. I suoi titoli sono intimi, come Stanze per arpa o idrici ed ecologici: Per vie d’acqua, Le onde...

La sua arte pianistica, impostata con tecnica sicura, ha un merito: non disturba mai. Conforta anzi, in genere in nervosismi, salvo controindicazioni.
Non è cosa da poco, in questi tempi duri, avere qualcosa di sedativo.

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