Intolleranti per legge

Ricapitolando rapidamente la questione, ricordiamo che il governo francese ha promulgato una legge che condanna coloro che non riconoscono il genocidio del popolo armeno perpetrato dai turchi. La legge francese è simmetricamente opposta a una legge turca che condanna coloro che sostengono che ci sia stato il genocidio degli armeni ad opera dei turchi. Ora la discussione sull’atto legislativo francese si sta polarizzando sull’alternativa giusto/sbagliato: è giusto che una legge punisca chi ha un’opinione che dissenta e non ammette il genocidio del popolo armeno; è sbagliato costringere con una legge a riconoscere l’esistenza di un fatto storico.
I primi (i paladini della legge del governo francese) sostengono che va difesa la convivenza civile contro ogni forma di integralismo che mina le regole sociali su cui si fonda una società moderna. Dunque, se non si è intolleranti contro l’intolleranza si viene travolti dagli intolleranti. Un esempio recente può essere quello delle elezioni in Algeria. Si ricorderà che in seguito a elezioni democratiche risultava, dai voti nelle urne, vincitore il Fis, cioè il partito che raggruppava i fondamentalisti islamici. A questo punto, una giunta militare algerina annulla il voto democraticamente espresso per evitare che i vincitori, una volta al governo del Paese, abolissero per sempre le elezioni. Dunque, intolleranti contro l’intolleranza.
D’altra parte, coloro che si sono espressi negativamente sulla legge francese a proposito del genocidio armeno sostengono che la libertà d’opinione è un principio irrinunciabile della democrazia. Non è per legge che si può far cambiare opinione alle persone: i diktat dall’alto devono lasciare il posto al confronto politico e al dibattito culturale.
Credo che, invece di schierarsi da una parte o dall’altra, invece di dire che hanno ragione questi, che hanno torto quelli, la questione vada affrontata da un altro punto di vista. La legge francese sugli armeni indica l’esistenza del problema, non la sua soluzione. Ed è un problema che intreccia la morale con la politica. Consideriamo che i tre principi su cui si costruisce ogni civiltà della Terra sono il vero, il bene, il bello. Le loro differenze interpretative sono alla base delle differenze delle civiltà. Non esiste un metro che stabilisce in centimetri dove incominciano e dove finiscono il vero, il bene, il bello. Gli uomini conoscono o si avvicinano alla verità, come alla bontà e alla bellezza non perché c’è un giudice supremo che dice loro cosa devono pensare, ma attraverso il confronto di idee ed esperienze storiche. Quella legge francese sugli armeni sottolinea l’esistenza di un conflitto reale tra due principi morali essenziali della democrazia: la libertà d’opinione e la convivenza civile. Per garantire l’uno sembra che si debba sacrificare l’altro, ma la riflessione razionale ha ottimi motivi per sostenere che hanno ragione sia l’uno che l’altro: non si può offendere una componente etnica che è parte integrante della convivenza civile di un Paese; non si può negare la libertà d’opinione che è parte fondamentale della democrazia. Non c’è soluzione perché, come talvolta accade, due principi morali entrano in conflitto tra loro.


In queste congiunture Machiavelli spiegava che la politica, proprio per la sua autonomia dalla morale, è chiamata a risolvere i problemi aperti dai conflitti della morale. E, infatti, l’azione della grande politica si vede all’opera quando due principi morali si scontrano. Dunque, se ci sono grandi politici, questo è il momento giusto per battere un colpo.

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