Vittorio Feltri invade - invitato - le «Invasioni barbariche» di Daria Bignardi, su La7, e il programma diventa una via di mezzo tra uno show e una puntigliosa lezione di giornalismo. L’avvio, ovviamente, è tutto sul caso del giorno. Perquisizioni e indagini scatenate dal dossier (fantasma) evocato dai cazzeggi del vicedirettore Nicola Porro, e che ha spinto il numero uno di Confindustria Emma Marcegaglia a spaventarsi a verbale dal pm napoletano Henry John Woodcock. La Bignardi ricorda la vicenda e poi spara: come si spiega la paura della Marcegaglia? «Avrebbe dovuto assumere immediatamente una camomilla», replica Feltri, ricordando come difficilmente un giornalista che fa un’inchiesta avverta il giorno prima.
Porro con Arpisella «ha voluto giocare, mai immaginando che quello sarebbe corso dalla maestra», ossia la Marcegaglia. E la cosa scorretta, insiste il direttore del Giornale, l’ha fatta proprio il presidente di Confindustria: «Se era terrorizzata, una telefonatina a me poteva farla. Non ha chiamato me, ma il sciur padrùn (Confalonieri, ndr), e questo non si fa, è scorretto». E la «brutta fama» che s’è fatto il Giornale, rilancia la Bignardi? Feltri sobbalza dalla sedia: «Perché dice brutta fama se i lettori aumentano? Lo sa chi si fa una brutta fama? Chi perde copie e chiude i giornali».
La conduttrice torna all’estate del 2009. Caso Boffo. «Non possiamo far finta che non ci sia stato»; spiega la Bignardi. «Era una notizia», ribatte Feltri, che ricorda la condanna per molestie dell’ex direttore di Avvenire, ma aggiunge: «Io ho sbagliato. Ho fatto verificare i due documenti e mi hanno detto che erano buoni. Uno dei due non era buono, non era tra le carte del procedimento, e giustamente Boffo ha chiesto una rettifica. Ho fatto il mio dovere. Sono tranquillo. Ho sbagliato e l’ho detto». Quando però l’ex conduttrice del Grande Fratello tira fuori la «fabbrica del fango» rispolverata anche ieri su Repubblica da Giuseppe D’Avanzo, Feltri fa spallucce: «È lui il fabbricatore di fango, non io, io non fabbrico niente, io elaboro notizie».
Come quelle su Fini: la casa di Montecarlo, ma anche i contratti milionari in Rai della mamma di Elisabetta Tulliani, puntualizza il direttore del Giornale.
Che all’obiezione di scuola («Il Giornale fa campagne solo sui nemici del premier?») ringhia e cita il caso Scajola, «invitato ad andarsene» in mancanza di spiegazioni «accettabili». «Lui è andato, Fini è rimasto». C’è tempo per ribadire la candidatura di Elisabetta a ministro dell’Economia. E per lamentare il «gravissimo difetto» di Berlusconi: «Non introdurre elementi di liberalismo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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