Investì e uccise un ragazzo: omicidio volontario

Quindici anni a un moldavo che su un furgone rubato travolse un’auto a Roma mentre fuggiva dalla polizia. Pugno di ferro della Corte: se l'era cavata con otto anni, ma la Cassazione ha fatto rifare il processo. Decisione storica: anche in un incidente si può ravvisare il dolo

Investì e uccise un ragazzo: omicidio volontario

Roma - Per i giudici della II Corte d’assise d’appello di Roma, Ignatiuc Vasile, il moldavo senza patente che la notte del 18 luglio 2008 per sfuggire a un controllo della polizia travolse un’auto con tre ragazzi a bordo, è responsabile di omicidio volontario. E questa conclusione li ha portati a infliggergli quindici anni e mezzo di reclusione. In quel tragico incidente, un giovane perse la vita e altri due rimasero gravemente feriti.

Tortuoso l’iter giudiziario che ha portato a questo nuovo processo d’appello. I fatti risalgono alla notte del 18 luglio 2008, all’altezza dell’incrocio tra via Nomentana e viale Regina Margherita, a Roma. Un crocevia maledetto dove una settimana prima i due giovani fidanzati Alessio Giuliani e Flaminia Giordani, a bordo di uno scooter, erano stati falciati dall’auto condotta dal 33enne Stefano Lucidi, poi condannato a dieci anni.

Quella notte del 2008 Vasile, 25 anni, a bordo di un furgone «Fiat Scudo» rubato in una via centrale della capitale, dopo aver attraversato due incroci col semaforo rosso senza mai rallentare, travolse una «Citroen C3». L’auto fu sbalzata e si schiantò contro un palo dell’energia elettrica. Vasile guidava a 155 chilometri orari e stava fuggendo dalla polizia incontrata a viale Liegi. A bordo dell’auto c’erano Rocco Trivigno, 20 anni di Accettura, che morì, la sorella Valentina di 22 anni e un altro passeggero, Nicola Telesca di 25 anni, rimasti feriti. Rocco, lucano di vent’anni non ancora compiuti, studente fuorisede di chimica perse la vita durante il trasporto in ospedale, mentre Valentina e Nicola ancora portano i segni di quel grave incidente.

Vasile fu condannato dalla I Corte d’assise di Roma, il 6 febbraio 2009, a 16 anni di carcere per omicidio volontario, lesioni gravissime e ricettazione. La Corte d’assise d’appello, il successivo il 18 marzo 2010, derubricò il reato in «omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento» e ridusse la condanna a otto anni e mezzo di carcere. Fu la corte di Cassazione, lo scorso febbraio, a bollare come carenti le motivazioni della precedente sentenza d’appello e ritenere necessario un nuovo processo davanti alla II Corte d’assise d’appello. Ieri, dopo la riapertura del dibattimento per sentire due agenti di polizia, la nuova decisione: riforma della sentenza di primo grado solo per quanto riguarda la portata della pena inflitta (che da 16 anni passa adesso a 15 anni e mezzo di reclusione), conferma nel resto quanto già deciso in merito alla configurazione del reato in omicidio volontario.

Per l’Associazione familiari e vittime della strada (5000 morti all’anno in Italia per colpa soprattutto dell’alta velocità) si tratta di una decisione storica che apre finalmente nuovi scenari. «Perché non passa più la linea secondo la quale tutti gli incidenti stradali sono semplicemente colposi - sostengono -.

Purtroppo ce ne sono anche dolosi. E la situazione è nettamente peggiorata con l’arrivo di guidatori dall’Est Europa che hanno l’abitudine di guidare senza patente e senza regole». Come nella dolorosa vicenda del giovane Rocco Trivigno.

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