Gli investigatori: «Attacchi legati a faide interne»

da Milano

Tra comprensibili paure, temute strategie d’intolleranza xenofoba e la reale minaccia del terrorismo di nuova generazione (gli episodi di Londra), forse il commento più equilibrato sulla sequenza degli ultimi episodi dinamitardi avvenuti in provincia di Milano è quello dal sindaco azzurro di Abbiategrasso, Roberto Albetti. «Riteniamo che si tratti solo di un gesto che emula analoghi episodi avvenuti nei giorni passati a Milano e nella provincia e non inserito quindi in una precisa strategia».
In realtà questo concetto sta alla base di quello rielaborato dagli investigatori e da tutti coloro che da anni indagano sul mondo musulmano e sulle comunità islamiche in Italia.
«Per i musulmani il luogo dove si prega è irrilevante: possono anche tirar fuori un tappetino dall’auto e fermarsi per strada. - spiegano gli esperti del ministero degli Interni di Roma -. Per questo, più che vere e proprie moschee, come siamo abituati a definirle, questo tipo di associazionismo serve alle popolazioni che adorano Allah e vivono all’estero, a tener viva la loro cultura. L’associazionismo islamico in Italia, insomma, non è potente al punto da essere efficace a livello di lobby politica locale: a parte l’Ucoii (l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), che è del tutto pacifica, accade molto spesso che i capi di altre piccole associazioni si ammantino di poteri che però, in realtà, non hanno».
«Detto questo non bisogna sottovalutare le lotte tra le mura delle moschea: a Segrate, ad esempio, ci sono sempre state tensioni interne e personali, private, tra gli stessi frequentatori - continuano gli investigatori -. Lotte di potere, magari tra la componente marocchina che mal sopporta il decisionismo e l’ingerenza dei mediorientali. Gli xenofobi, invece, si “firmano”. Sempre. Perché hanno bisogno di una connotazione mediatica, di dimostrare che esistono. Ecco: gli ultimi tre attentati di Milano non sono mai stati firmati. E ciò ci fa propendere per una lettura di questi gesti legata a fatti interni».


«Tuttavia - concludono amaramente a Roma - tra le piccole associazioni, le più giovani e “malleabili”, vogliose di potere, si registra sicuramente un ritorno dell’ideologia integralista salafita che è pericolosa e facilmente esportabile perché propugna il combattimento, la lotta armata».

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