«Io il Barry White italiano? Perchè no, era una grande star»

Gli amanti del soul e dello r’n’b hanno due serate a disposizione - domani e martedì - per incontrare agli Arcimboldi Mario Biondi con la sua voce torbata e potente che ha conquistato il pubblico italiano. This Is What You Are è stato un megatormentone (molti non volevano credere che fosse un italiano, un siciliano per la precisione, a cantarlo) che ha lanciato l’artISta bollandolo come «il Barry White italiano». La definizione ci sta («È la mia condanna essere accostato per timbro vocale a Barry - celia Biondi - e non posso nemmeno lamentarmi perché lui è una grande star. Ma una cosa ci distingue, io con la disco non ho mai avuto a che fare»), ma Biondi ormai s’è affrancato dallo scomodo paragone, e comunque il suo ultimo album If va alla grande nella hit parade dopo esser partito con 70mila copie diffuse in prevendita. Lui punta sull’atmosfera, sulla ballata soul o sul groove dello r’n’b. Nel suo background ci sono Otis Redding, Ray Charles, Bill Withers, Earth Wind & Fire e persino lo storico sound del tastierista Booker T. Jones e dei suoi MG’s. «Oggi si parla a sproposito di black music e jazz, ma io il suol lo vivo davvero», ricorda Biondi. «Sono uno di quelli che vuole riportare, attraverso l’emozione, la musica al centro dell’attenzione del pubblico. La canzone è molto sottovalutata, viene utilizzata come sottofondo per tutto, dagli spot alle feste, spesso non è vissuta come momento d’arte e comunicazione». Lui ce la mette tutta, con la band, con l’orchestra, componendo nuovi brani, rileggendo i classici (tra le sue ultime perle l’elegante e raffinata Winter In America di Gil Scott Heron), addirittura, in controtendenza, rilanciando un classico italiano in inglese (nientemeno che E se domani di Carlo Alberto Rossi trasformata in I Know It’s Over).

Nel disco c’è la mano di Burt Bacharach e del violoncellista brasileiro Jacques Morelenbaum, ma dal vivo c’è l’anima palpitante di Biondi, forse un po’ ripetititvo ma affascinante nel dispensare ritmo e calore mediterraneo, con la voce potente pronta a riscaldare senza scivolare troppo nel sentimentalismo, «perché io - dice - sono un umile operaio della musica».

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