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«Io che potevo essere al posto di Capello»

«Io che potevo essere al posto di Capello»

«Posso capire che dalle immagini in televisione possa risultare una persona antipatica ma per me conta solo il parere di chi mi sta vicino». E allora José Mourinho, in un'intervista realizzata da Simona Ventura per Quelli che il calcio e..., parla a ruota libera. Prima bordata su Cristiano Ronaldo: «Ha vinto meritatamente il Pallone d'oro ma non è il miglior giocatore del mondo. È portoghese come me ma non vedo il motivo di essere orgoglioso della sua vittoria: preferisco giocatori come Ibrahimovic, Kakà e Messi». Si prosegue con Adriano: «Come allenatore lo rivorrei ma farebbe meglio a cambiare ambiente (Mourinho lo chiama habitat), è dura che in Italia cambino idea sull'etichetta che si è ritagliato. A inizio stagione era migliorato ma non ha avuto continuità: gli serve un tutor a cui appoggiarsi mentre a me piace chi il professionista lo fa da solo, come Zanetti e Cambiasso». Infine una confessione condita da un sorriso malizioso: «Sono stato a 24 ore dall'accettare la panchina inglese, poi ho declinato perché una sola partita al mese non fa per me. Quindi Capello è stato chiamato dopo di me? Non lo so...» e si allargano le fossette.
Poi, visto il periodo natalizio, Mourinho decide che è tempo di elargire parole buone. Si parte da Ibrahimovic: «Quando lo facevo giocare sempre mi dicevano che lo stavo distruggendo... Emozionalmente è aggressivo ma ha un grande cuore: voglio costruire la squadra attorno a lui, per permettergli di vincere il Pallone d'oro». Da un campione affermato a uno che stenta, la Ventura gli chiede di Quaresma: «È stato troppo tempo al Porto e ne è diventato il re. Approdato all'Inter, ha pensato che tutto sarebbe stato facile». Poi il tecnico nerazzurro si lancia: «Se domani la società lo vendesse, non perderebbe un euro di quelli spesi per comprarlo. Ma noi non vogliamo venderlo, ce la farà a sbocciare anche qui». Una battuta su Beckham: «Lui è importante a livello di marketing ma tutti i suoi compagni di nazionale che avevo al Chelsea me ne hanno sempre parlato come di un professionista perfetto».
La divagazione sul periodo londinese permette a Mourinho un parallelo tra Abramovich e Moratti: «Il primo è innamorato del calcio, il secondo è innamorato del calcio e dell'Inter. La società nerazzurra è un "club famiglia" e sono onorato di farne parte». Del patron russo ricorda un aneddoto: «A volte mi chiamava a casa per parlarmi di un giocatore visto in tv, magari di un campionato afghano che neanche io conoscevo. Siamo rimasti amici, ancora adesso ci sentiamo». A proposito di Chelsea, il portoghese diventa misterioso quando dice: «A Londra ho rifiutato l'offerta del miglior club del mondo». Barcellona o Real Madrid? Rimarrà il dubbio. Nessun dubbio, invece, su Drogba: «È più di un calciatore, è l'estensione dell'allenatore in campo. È parte di me». Dal passato al futuro: «Tenteremo di vincere la Champions League anche se è la coppa dei dettagli: a volte sono a tuo favore, altre contro.

Nei prossimi anni voglio rimanere all'Inter, sto in una società solo se sono felice: e ora lo sono».

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