Politica

Io dico di sì Le regole servono

di Carlo Lottieri

Nella nostra società cresce sempre più il peso dell’economia legata alla conoscenza, insieme ai prodotti e alle attività connessi a cultura e spettacolo. Non deve quindi sorprendere se da anni la questione del copyright anima un dibattito piuttosto animato, anche in conseguenza del successo di siti internet che hanno costruito la loro fortuna sulla condivisione dei file. In linea di massima, nel mondo occidentale si ritiene che il copyright vada tutelato alla stregua del brevetto, anche se in realtà talune distinzioni andrebbero fatte. Nel caso del brevetto industriale viene rilasciata una sorta di «monopolio» che sbarra la strada alla libera iniziativa e frena la competizione. Chi per i fatti suoi oggi trova una soluzione tecnologica innovativa, può essere impedito a utilizzarla se anche soltanto ieri qualcuno - magari dall’altra parte del mondo - ha già brevettato quella medesima procedura, a cui magari i due inventori sono giunti in maniera del tutto autonoma (come talora succede). In tema di copyright, però, il discorso è differente. Nessun compositore può arrivare autonomamente a riscrivere la «Quinta» di Beethoven; se lo fa, è un plagiario. Si possono muovere motivate critiche al sistema attuale di protezione del lavoro intellettuale in generale e anche del copyright, ma è pur vero che se saltasse l’attuale regime a tutela degli autori ne emergerebbe uno liberamente contrattuale e volontario. L’acquirente di un DVD o di un CD verrebbe chiamato a impegnarsi, all’acquisto, a non fare copie di quel prodotto e/o a non far circolare quanto ha acquistato. A quel punto non si commercializzerebbe un bene, ma un servizio. Questo dovrebbe indurre le imprese a modificare totalmente la loro strategia, anche perché è difficile difendere regole che vietano quello che la quasi totalità dei giovani (e non solo) fa ogni giorno. Alla fine, il diritto non può del tutto ignorare e trascurare le pratiche sociali prevalenti.
C’è un punto di carattere culturale, per contro, che qui va sottolineato. Specie dinanzi ai giovani, è importante che non s’imponga ancor più quella mentalità - oggi largamente dominante - che fa coincidere la realtà e il desiderio. Spesso siamo portati a considerare come necessariamente nostro quello che desideriamo, ci piace, c’interessa. È significativo che ben pochi tra quanti scaricano film o musiche si pongano problemi morali. La loro logica è semplice: «la mia volontà è la mia legge». Ci si deve confrontare in merito al fatto se esista o meno un diritto di proprietà intellettuale.

Ma evitare ogni confronto e farsi dominare dai desideri significa aprire la strada a esiti sociali disastrosi.

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