Conegliano Veneto Stivaletti di ghiaccio preparati con il solito amore da Sandro Galleani che nella vita dedicata ai muscoli famosi, al basket, alla gente, non aveva mai protetto tendini meglio pagati di quelli di Andrea Bargnani chiesto in prestito a Toronto per farci passare l'inferno della qualificazione europea contro la Francia del 5 agosto a Cagliari. Vigneto veneto di Susegana, la terra dei Bariviera, dei Coldebella, Fabio, fratello di Claudio ex azzurro oggi manager a Caserta, ha organizzato tutto bene per l'ospitalità nel campo base per questa nazionale di basket che sembra davvero figlia di un vento sospiroso. Andrea Bargnani non ha lavorato moltissimo perché prima doveva sistemare problemi fisici, poi doveva discutere un contratto con i Raptors di Toronto che è diventato leggenda: 50 milioni di dollari da ricevere nei prossimi 5 anni di vita sportiva, un bel cuscino fino al 30 giugno del 2016. Anche nel mondo calciocentrico qualcuno riflette, ma la cosa aiuta, soprattutto adesso che il mercato NBA ha rubato da San Francisco anche Marco Belinelli, entrato nei Raptors, dopo le visite di ieri a Treviso, nella squadra più europea della luna americana.
Toronto scelse Bargnani con il numero uno, ci ha scommesso e va avanti nel gioco e lui sembra davvero felice perché sapeva di rischiare tanto, soprattutto quando lo facevano giocare poco, prima che Triano lo liberasse dalle catene riaccendendo la luce, soprattutto adesso che trova un amico in più nel ragazzo bolognese. Nel torneo di Trento Beli ha mandato i messaggi più convincenti e speriamo sia così anche stasera al Pala Zoppas nell'ultimo test contro il Canada che ha come manager il Gherardini, ex luce Benetton, che ha cucito tutto per bene creando un mondo a parte come dice il proprietario Jerry Colangelo, pure lui con radici italiane e con una moglie italiana.
Andrea Bargnani e il suo sorriso che trovi fra i vigneti davanti all'ex bachificio che ora è diventato albergo: non vuole rischiare collisioni con niente e nessuno, la vita NBA lo ha educato ad essere paziente con la stampa, con tutti. E dove non arriva lui ci pensano quelli come Chiara nella gestione di un personaggio che prende molto di più di tanti calciatori, che non ha scoperto la ricchezza nella NBA come ammette candidamente: «Da quando avevo 19 anni mi sono sempre considerato fortunato perché avevo bei compensi, tanti soldi, ma per fortuna non sono uno che si sente meglio se trova in garage sei macchine costose fra le quali scegliere per andare a passeggio, mi piace la vita semplice e i soldi servono per il dopo. Una casa a Toronto l'ho già presa, una a Roma la vorrei prendere presto. Mi sembra un bella cosa per il nostro basket che anche un cestista possa guadagnare come un calciatore».
Bellissima, molto stimolante, ma lei, tornando dalla luna NBA, non farà come l'astronauta Armstrong che non è più stato capace di vedere la terra come quando l'aveva lasciata con l'equipaggio di Apollo 11?
«Non so come vanno le cose nel basket italiano, certo sono rimasto male vedendo che sparivano società contro le quali ho giocato tante volte, che erano la storia, tipo la Fortitudo Bologna, ma la crisi si sente in tutto il mondo, può succedere che le cose vadano male. Ma poi si ricostruisce, bisogna anche essere ottimisti».
Guardando certe facce qui nel raduno della Nazionale non è così facile, ci mettiamo in ginocchio davanti a voi ragazzi della NBA per avere il massimo, anche se sappiamo che nei vostri desideri ci sono le partite delle stelle, un anello da campioni anche se a Toronto non siete così vicini.
«Il sistema americano permette di sognare il titolo a tutti, non esiste lo strapotere della ricchezza che blocca i giocatori migliori. Nella NBA puoi essere sul fondo l'anno prima e poi, come i Celtics, andarti a prendere l'anello. Non è vero che nella NBA quando comincia la stagione sei già pesato e misurato. Puoi andare avanti, progredire, basta poter giocare. Nei sogni c'è anche l'Olimpiade con l'Italia e allora bisogna partire da questa montagna anche se poi tutto appare lontano».
Giusto, una montagna, fra i colleghi francesi che troverà in Sardegna fra qualche giorno per la partita della verità chi teme di più?
«Gente tosta, brava, ma è chiaro che il motore si chiama Tony Parker. Noi siamo sfavoriti, ma sappiamo anche di essere all'ultima spiaggia, dovremo essere squadra, trovare felicità nel giocare insieme, essere diversi da quelli dell'europeo di 2 anni fa. La Francia è in questo ripescaggio perché ha i nostri stessi problemi, attenti a Parker ma anche a Diaw, sono bravi, sono atletici, cerchiamo di esserlo anche noi».
Torniamo ai dobloni che fino al 2016 renderanno più calda casa Bargnani: un bel traguardo, però ci saranno anche tanti mugugni alla prima partita brutta.
«Mi sembra normale, è così da sempre, dipende da te, dal tuo modo di lavorare e ci darò dentro. Non è vero che ho rubato il preparatore atletico alla Benetton. Cuzzolin è un grande professionista e meritava questa occasione a Toronto, io non sono così importante da poter imporre qualcosa. Adesso augurateci in bocca al lupo come ho fattto io con la bella squadra di nuoto: ho tifato per tutti, brava la veneta Pellegrini e la romana Filippi. Speriamo di essere bravi anche noi».
Passa Belinelli più grosso, più determinato di quando lo salutammo con nostalgia per il suo viaggio nella NBA.
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