«Io e Rafa, bomber mancato»

Nostro inviato a Londra

«Rafa ha giocato molto bene qui a Wimbledon, meglio dell’anno scorso perché ha incontrato avversari più tosti. Con questo Federer, però, vincere il torneo è tutta un’altra storia». Per Toni Nadal la vittoria non è un accidente, ma il tetto di una casa da costruire con il lavoro. Zio di Rafael, suo allenatore dalla prima pallina (e fratello di Miguel Angel, stopper del Barcellona negli anni Ottanta) è la quercia sotto la quale è cresciuto il numero due del mondo.
«A tre anni prese in mano la prima racchetta. A otto vinse il torneo under 12 a Maiorca: lì intuii le sue qualità».
Siete sempre insieme: litigate mai?
«Per il calcio: lui è del Real e io del Barça. E per molte altre cose. È abituato ad avere ragione perché si chiama Nadal, io ho l’obbligo di riportarlo con i piedi per terra. Non tollero chi si crede Dio perché guadagna tanti soldi e magari li sperpera comprandosi auto di lusso».
Rafa corre questo rischio?
«No. Non ha mai spaccato una racchetta per la rabbia, sarebbe mostruoso se lo facesse. Solo una volta si è lasciato andare: giocava con Moya alla Playstation e ha distrutto la console...».
Può ancora migliorare?
«Tranne Federer, tutti possiamo farlo. Rafa deve essere più aggressivo ad inizio match, spesso si fa sorprendere».
Da bambino giocava a calcio. Sarebbe diventato un campione?
«Sì. Un buon attaccante. Ha piedi buoni e una mentalità superiore a quella di suo zio Miguel».
Dove trova quella determinazione Rafa?
«Il tennis è un gioco mentale. Una partita si costruisce non perdendo mai la concentrazione. Ronaldinho può permetterselo e infatti, se fosse un tennista, non sarebbe un fenomeno».
Perché il tennis italiano non produce campioni?
«Avete buoni giocatori, forse è un difetto proprio di mentalità. Agli spagnoli manca nel calcio, a voi nel tennis».
Si può allenare la mentalità?
«Certo. Fino a 16 anni Rafa giocava con ogni tipo di pallina e racchetta, non gli importavano i marchi. Voleva sempre migliorare. Quando è diventato campione di Spagna, gli ho fatto vedere l’albo d’oro: molti dei vincitori erano sconosciuti. Gli dissi: “Hai visto? Non hai fatto ancora niente”».


Quanto durerà Rafa?
«Nei primi anni ha fatto grandi sforzi per contrastare i più forti. Ora ha cambiato gioco, nelle partite meno impegnative corre di meno. Continuerà finché avrà voglia di sacrificarsi».
E se si stufasse?
«Non è un problema, io torno a Maiorca a pescare».

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