«Lo sa che dopo quarant'anni ho trovato finalmente uno che non sapeva proprio nulla del sottoscritto e di Italia-Germania 4 a 3? Altri avrebbero potuto offendersi. Io no. Giuro: ero felice. Perché per una volta non sono stato costretto a rispondere a mille domande». Karl-Heinz Schnellinger ha 71 anni ben portati e il 17 giugno del 1970 arpionò di destro in spaccata un bel cross di Jürgen Grabowski e portò Italia e Germania nella leggenda.
Davvero non vuol più sentir parlare di quel pomeriggio all'Azteca?
«Sì, perché sta diventando un supplizio. Sabato ero in Germania e non si parlava d'altro. Appena scoprono chi sono mi tocca raccontare come una scimmietta ammaestrata gli episodi di una partita che in realtà tutti conoscono a memoria».
Ma deve ammettere: è stata una gara che ha fatto storia.
«Con ottimi calciatori in campo: Beckenbauer, Overath, Muller, Riva, Mazzola, Rivera e Facchetti. Quello sì che era giocare a pallone. Ci si divertiva per davvero, con molti meno soldi e più amore per lo sport».
Italia-Germania resta una classica.
«Sì, però la prego di non tirar fuori la storia che voi italiani siete la nostra bestia nera. É vero che abbiamo perso anche nell'82 e quattro anni fa, ma non significa nulla. Ogni partita ha un suo percorso e i suoi protagonisti».
Quattro anni dopo la stessa Germania che perse all'Azteca si laureò campione del mondo. A pensarci bene mancava solo Schnellinger...
«Nel 1974 avevo 35 anni, ma ero in forma perfetta.
Ci sentiamo allora per il cinquantennio del 4-3?
«Ma non si era detto che non ne avremmo parlato più?...»