Cronaca locale

«Io, Lara Saint Paul e quelle prediche di Celentano nel ’64»

Figlia di una principessa eritrea, Louis Armstrong scrisse che era la cantante con più talento. I successi, poi la malattia: «Sono ancora qui»

«Io, Lara Saint Paul e quelle prediche di Celentano nel ’64»

Louis Armstrong la «raccomandò» a Ella Fitzgerald scrivendo che era «la cantante italiana con più talento». Avevano cantato insieme a Sanremo, nel 1968, quando il grande «Satchmo» - generoso com’era - trasformò la sua esibizione in una vera e propria jam session, tanto che gli organizzatori dovettero interrompere a forza la sua «Mi va di cantare». Tornato a casa le fece omaggio di una Buick rosa, a lei, Lara Saint Paul, che non aveva nemmeno il garage.
Un bel tipo, il suo amico Armstrong...
«In quell’incredibile 1968 Papa Paolo IV ci ricevette in Vaticano. Ero con Louis e Lionel Hampton. Alla fine dell’incontro Montini propose ad Armstrong una visita alla Cappella Sistina. Lui capì male, o forse pensò a una persona. Non era molto attento al protocollo. Sta di fatto che rispose “Mr Pope, ho molta fretta, magari la prossima volta“».
C’è un altro Papa nella sua vita...
«Sono stata cresimata da Roncalli, che aveva un parente arciprete nel mio paese».
Dove viveva in quegli anni?
«La mia infanzia l’ho passata in Romagna. Mio padre era di lì. Ma io sono nata in Eritrea, dove lavorava come ingegnere minerario, quando era colonia italiana per volontà di un altro romagnolo».
E sua madre?
«Aveva diciotto anni, era una nipote dell’imperatore Selassiè. Era bellissima. Morì di parto, e dettero la colpa a lui. Quando avevo 5 anni tornammo in Italia. Mio padre si era risposato per procura».
Che ricordi ha dell’Africa?
«Uno dei pochi ricordi è il mio compagno di giochi di allora, un leopardo. E la mia tata. L’Eritrea era davvero internazionale allora. Colori, etnie, profumi e suoni di ogni tipo. Quei suoni mi sono rimasti dentro».
E ha cominciato a cantare...
«Nei saggi a scuola, e ballavo. Mi notò un maestro di canto. Nel ’62 il primo Sanremo, fu un disastro, con il nome di Tanya. Ma due anni dopo, prima di Claudia Mori, ero la ragazza del Clan di Celentano. Lo sono stata per due anni».
Com’era il «Molleggiato»?
«Ho fatto due dischi con loro. Era già un santone, a me davano fastidio tutte quelle prediche, quelle sovrastrutture. Io ero troppo pane al pane vino al vino».
E i rapporti con le colleghe cantanti?
«Ricordo un concerto con Mina, a Macerata. C’era anche Tony Dallara. Ero meno conosciuta di loro, ma per i bis chiamarono me. Forse ci rimase male».
Viveva già a Milano?
«Facevo la pendolare, molto lavoro, nessuna trasgressione. Poi questa è diventata la mia seconda città. Provo amore e rabbia per Milano».
Non è corrisposto l’amore?
«Forse ora tocca a me dire: “Sono qui“. Ma questa è la città che abbiamo scelto io e mio marito».
Pier Quinto Cariaggi. Un nome importante nella discografia...
«Una persona allegra, dinamica. Partito come assicuratore, fu un grande produttore. Con Armstrong fece tre incisioni in italiano. Creò un circuito di radio private, intervistò Lech Walesa, nel 1986 organizzò il ritorno di Frank Sinatra».
Un altro mito, «the Voice»...
«Con la fama del prepotente, in realtà era sensibile e solo, come molti artisti. Gli amici veri sono pochi, molti quelli che si approfittano».
I suoi amici veri?
«Luciano Pavarotti. Quando sono stata malata chiamava in ospedale per sapere come stavo. Pochi giorni prima di morire mi disse: “Laretta, credo di aver pareggiato i conti con Dio“. Era pronto ad andarsene».
Ha avuto seri problemi di salute?
«Sono stata su una sedia a rotelle per due anni. Ho avuto una grave malattia al sistema immunitario. Sono convinta che sia dipeso da un medicinale. Ancora oggi vivo nel dolore, ma la vita mi ha messa davanti ad altre prove molto dure».
Cosa è successo?
«La morte di mio marito è stata un colpo per tutti, ma per mia figlia in particolare. Ha sofferto molto. Problemi enormi. Con una conseguenza personale serissima, per cui sto ancora combattendo una battaglia legale con l’ospedale che doveva assisterla e non l’ha fatto».
Si ritiene una donna fortunata?
«Oggi non sono benestante. Ci sono persone che mi aiutano. Ma sono molto impegnata per gli altri. Mia madre mi è mancata, sarà anche per questo che i bambini sono la mia vita, non solo i due piccoli della nostra famiglia, ma quelli dei paesi poveri. Sono testimonial della Wopsec, dopo Nelson Mandela. Sono stata fortunata. Dio mio dato talento, voglio usarlo per gli altri».
È nella fede che trova ancora la forza per farlo?
«I miei problemi non sono superati, ma ho molta fede. Se sono ancora qui vuole dire che la mia strada non è ancora finita. La vita è un passaggio. Da vivere. Cercando l’armonia con il mondo. Come nella musica. Non ha mai fatto male a nessuno.

La musica fa bene, soprattutto quella buona».

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