«Ma io, musulmano, scelgo per mia figlia l’istruzione statale»

«Io inizio domani la scuola». Lo dice con la voce a cantilena dei bambini della sua età, mentre dà un morso a uno snack al cioccolato. Muna, 6 anni, è appena uscita dallo stabile di via Quaranta, ma dal cancello laterale quello di Passo Pordoi che si affaccia sul cortiletto, dove i maschietti giocano a pallone e le femmine parlano tra loro. Ha tutto in comune con gli altri bambini di fede islamica tranne il fatto che lei oggi sarà una degli oltre quattrocentomila alunni milanesi a sedere tra i banchi di un istituto statale.
È passato mezzogiorno quando viene il papà a prenderla: un ragazzone di 35 anni che la tiene per mano e le ha comprato l’aranciata. «Non so nulla dei problemi della scuola e non ho partecipato alla riunione dei genitori» dice, anticipando ogni domanda e dribblando fotografi e telecamere. È a quel punto che Muna interviene reclamando attenzioni: «Io inizio domani la scuola» e allarga un sorriso ondeggiando la testolina coperta da un velo azzurro-violetto.
«È vero - spiega il padre - comincia la prima elementare e andrà alla scuola di San Donato». Un istituto statale insomma. Perché non viene qui, alla Fajr di via Quaranta? Il papà di Muna allarga le braccia: «Qui c’è solo la scuola coranica.

Lei viene per giocare e stare con gli altri. Ma a scuola no: andrà in quella normale». Muna finisce la merendina, è eccitata per il primo giorno di scuola. A chi le chiede se è contenta di tornare in classe risponde: «Sì e conosco già molti miei compagni».

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