Io, nemico di Asor Rosa, appoggio la sua guerra contro gli ecomostri

Nessuno penserebbe che luoghi consacrati alla bellezza della natura e dell’architettura come la Toscana o l’Umbria fossero, anch’essi, minacciati dalla speculazione edilizia e dalla programmatica inciviltà delle amministrazioni locali. Appare evidente che per la tutela del paesaggio, prima ancora che per quella dei monumenti, occorra il distacco di chi i luoghi non li vive soltanto, ma li vede attratto dalla loro luminosità. Così l’unico vero potere di tutela non è quello vicino e interessato, anche per l’apparente convenienza degli abitanti, ma quello lontano e indifferente che li consacra per tutta l’umanità. In questo spirito sono i luoghi identificati dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Ed essi diventano intoccabili, benché l’Unesco non abbia il potere diretto di tutela, ma soltanto quello di controllo e verifica per una possibile esclusione dalla «nomenklatura».
Appare così tanto più meritoria la posizione assunta da Alberto Asor Rosa per difendere, non per sé (come insinuano i malevoli) ma per tutti, il paesaggio di Monticchiello. Non c’è amicizia tra me e Asor Rosa: in passato lui aveva persino promosso una raccolta di firme contro di me in difesa di una molto modesta trasmissione culturale in tv. In più occasioni ci siamo trovati in disaccordo. Ma ora il suo comportamento rispecchia lo spirito di Montaigne negli Essais dove il grande scrittore dice che, dovendo parlare dell’uomo, parla di se stesso, l’uomo che conosce meglio. Nel caso di Asor Rosa conoscenza ed esperienza convivono facendogli difendere per tutti ciò che i pettegoli dicono egli difenda per sé. Una virtuosa coincidenza che, ove vi fossero uomini coraggiosi, avrebbe garantito anche altri luoghi e altri paesaggi con maggiore leggerezza violati in aree considerate meno «pregiate». Se si aggredisce la Toscana cosa si farà del Molise, della Basilicata o della Sicilia? Ed è, infatti, quanto avviene in Sicilia, martoriata da pale eoliche in paesaggi di inaudita bellezza come nel Val di Mazara fra Gibellina, Santa Ninfa e Salemi. Strade sventrate per interrare i cavi, pali conficcati nella collina anche ove non arriva il vento: un’azione criminale pari a quella di chi sfregiasse una tavola di Raffaello o una tela di Caravaggio. Dietro la Valle dei Templi di Agrigento, dietro il tempio di Segesta appaiono queste giraffe meccaniche a testimoniare l’irruzione di una tecnologia contro l’arcano silenzio del tempo. Magari, insieme a me, un Asor Rosa in Sicilia sfidasse dei mulini a vento che disperdono l’aura ancora tutta nei documentari mirabili di Vittorio De Seta. In Toscana Asor Rosa denuncia gli orrori di amministrazioni alle quali spesso ha attribuito la sua fiducia: con maggiore delusione quindi, ma con assoluta verità. E il suo particolare interesse va riconosciuto come una ragione di più per contrastare la violenza e l’ignoranza. Non dovranno quindi essere ragioni politiche a spingere il ministro Bondi, che proprio recentemente ha indicato tra le priorità dell’impegno dello Stato la difesa del paesaggio, a impedire con un decreto che le aree più povere dell’Italia siano ostaggio di chi, speculando, le vuole sfigurare con un’edilizia modulare o con il miraggio di una falsa energia pulita.
Vengano Asor Rosa e il ministro Bondi in Val di Mazara.

Così che la battaglia dell’uno in luoghi amati, e l’impegno dell’altro nel proteggere per tutti l’integrità del paesaggio si misurino con le tante realtà minacciate per le quali non c’è un patrono interessato (nobilmente interessato) come Asor Rosa.
Vittorio Sgarbi

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