Io non mi vergogno dell’amor patrio coltivato con «Cuore»

Caro Dott. Granzotto, lei forse non lo può ricordare, essendo più giovane di me di ben 9 anni. Ma a cavallo degli anni ’39-41 c’erano per noi bambini-ragazzi due settimanali che mio padre mi acquistava, sicuro di darmi buone letture per la mia età. Essi erano - a prescindere dal prestigioso Corriere dei Piccoli - il Vittorioso e l’Intrepido, che io divoravo avidamente. Preferivo il secondo, e sa perché? Perché, settimana dopo settimana, mi raccontava per immagini e per letteratura, tutte le vicende della spedizione dei Mille, le celebri battaglie, le imprese epiche, le gioie e i pochi dolori a esse connesse. Una lettura molto intrigante che, assieme a quella del deamicisiano Cuore, ha forgiato (sì, mi perdoni l’enfasi!) il mio carattere e la mia educazione civica. Oggi rimango profondamente deluso e avvilito nel leggere, anche sul nostro amato Giornale parecchi articoli che hanno squarciato il velo da favola che ha avvolto l’epopea risorgimentale fino al raggiungimento dell’Unità d’Italia. Un velo necessario per la formazione degli italiani come Stato indipendente nel contesto mondiale. È vero, come scrive Massimiliano Parente, che i giovani d’oggi (ma non tutti, fortunatamente) se ne impipano del Risorgimento e della relativa unità nazionale, ma arrivare a dire che Cuore è (mi perdoni il linguaggio che non è il mio usuale) una «cagata»... Be’, caro Granzotto, io rimango basito (per non dire di peggio). Mi scusi lo sfogo e mi sappia sempre suo fedelissimo lettore.
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Lasci fare, caro Fiordelisi: il nostro Massimiliano Parente è un narratore très engagé et très enragé che non ama le mezze misure. E poi a lui piace l’ellittico Henry James, che se solo ti cade uno dei suoi romanzi sul piede, te lo spappola. Ha scritto, non James, Parente, che la storia del Risorgimento gli fa schifo e anzi che gli fa schifo lo stesso concetto di Risorgimento. Per cernere la Storia schifosa e la Storia gustosa ci vuole polso e giudizio sicuro, tutte cose che non mancano a Parente, uomo da sentenze draconiane e all’apparenza inappellabili. Poi, naturalmente, si può essere o meno d’accordo con lui. A me, ad esempio, la storia del Risorgimento e il concetto stesso di Risorgimento (che nel Settecento stava per quello che poi chiamammo Rinascimento, quindi passò a definire il risveglio letterario ed infine, grazie a Vittorio Alfieri che forse non dispiace a Massimiliano Parente, la rinascita politica e unitaria dell’Italia) schifo non fanno. Posso magari sollevare obiezioni su come è stato raccontato nei libri di storia e non fino all’altro ieri, fino allo sdoganamento del revisionismo. Ma schifo proprio no, non direi. Anche su Cuore nutro qualche perplessità, ma gli riconosco l’incommensurabile merito di aver cresciuto almeno un paio di generazioni nell’amor di Patria - che è una virtù, non un peccato come si sostenne e da qualche parte si sostiene ancora, salvo poi andare in brodo di giuggiole nel vedere Obama cantare, mano sul cuore, l’inno americano - e nel rispetto di quelle regole del buon vivere civile oggi sotto attacco di quell’arma di distruzione di massa che si chiama relativismo.

Umberto Eco può anche tessere l’elogio di Franti e Parente andargli appresso con i suoi verdetti fecali, ma resta il fatto che nel bagaglio dell’identità italiana Cuore ha un posto piccolo sì, ma di rispetto e dunque è un libro importante. Che resta e resterà in barba a chi avrebbe preferito un De Amicis diverso, un De Amicis autore di Bile.

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