«Io, popstar ma padre disperato Ho salvato mia figlia dall’eroina»

Paolo Giordano

nostro inviato ad Amburgo

In fondo poche parole, giusto i convenevoli, e poi si capisce subito. Ma che sorpresa: Lionel Richie si intervista da solo, parla sorridendo, lento e curiale come un Richelieu per sbaglio finito sul tetto del pop. Entri nella sua suite qui al Park Hyatt (lusso regale) e parte un monologo che è psicanalitico e torrenziale e quindi sentito, accidenti quanto. Perciò il cd Coming home, che uscirà a settembre ed è il suo ritorno a casa cioè all’r&b, diventa il trampolino per uno sfogo dai colori candidi della sincerità perché «io non ho mai tenuto un diario, metto la mia vita nelle canzoni e talvolta piango».
Eppure lei è uno dei cantanti più famosi di sempre, cento milioni di copie vendute, un Oscar, un Golden Globe.
«È vero, ho avuto tutto e sono anche sopravvissuto».
Appunto.
«Prima di scrivere le nuove canzoni, mi sono chiesto: che cosa ti sei perso? Il mondo è casa tua, sei famoso, puoi pagarti la casa per i prossimi vent’anni».
E allora?
«Mi sono perso la famiglia, anzi ho perso la paternità. Per me un padre è un fornitore di tutto, di amore, di esperienza, di protezione. Per i miei tre figli io c’ero ma non ero presente. Dopo il mio secondo divorzio questo pensiero è diventato una piaga nel mio animo. Allora sono diventato un cyber padre, continuo a girare il mondo ma seguo i miei ragazzi con le videoconferenze: almeno ci sono, mi possono vedere. È un modo diverso di badare ai propri figli, ma anche Tom Cruise mi ha detto che è l’unico che funzioni».
Ma sua figlia Nicole è ormai lanciata in tv. Con Paris Hilton negli Stati Uniti ha addirittura condotto lo show Simple life.
«Ho adottato Nicole quando aveva tre anni, proprio dopo il successo di All night long. È cresciuta senza di me, anche se io pensavo di esserci. Un giorno, circa quattro anni fa, stavo divorziando e lei mi chiamò per dirmi: papà mi manchi. Quando arrivai a casa, scoprii che si faceva pesantemente di eroina».
Una mazzata.
«La presi da parte: Nicole devo dirti due cose, una bella e una brutta. La prima è: Nicole vuole morire. La seconda è: non ha nessun motivo per farlo. Dopo un mese mi telefonò per dirmi: ce la metterò tutta. Io e sua madre Brenda decidemmo di andare con lei in un centro di disintossicazione: siamo rimasti là tre settimane, dormendo e vivendo di fianco a lei. E ce l’ha fatta».
Ora la stampa americana è scatenata per il suo litigio con l’ex amica Paris.
«Io le dico sempre: il tempo è un investimento. Puoi fare successo ma non avere una carriera. Abbi paura delle cose troppo veloci, dei sentimenti troppo fugaci».
Lei ora festeggia 25 anni di carriera solista.
«Mi ricordo quando ero ancora nei Commodores e composi Lady per Kenny Rogers: andò al primo posto della classifica. Da quel momento sono stato quasi obbligato a fare il solista. Oggi è bello scoprire che dopo trent’anni le radio trasmettono ancora mie canzoni».
Ma per il suo nuovo disco ha voluto nuova energia. Coming home è il frutto di una collaborazione con talenti emergenti come Jermaine Dupri e Dallas Austin.
«Quando gliel’ho proposto, hanno accettato subito perché sanno che per me la melodia viene prima di tutto».
Ma oggi la melodia è ovunque, sembra fatta in serie.
«Però i cantanti sono come McDonald’s: un tanto al chilo. E i discografici ragionano così: dammi due Britney Spears in cambio di 50 Cent. È uno schifo. Quando ero ragazzo alla Motown, la musica era un’arte per noi e un investimento per i manager. Si costruiva, si aspettava e il risultato alla fine veniva. I bilanci si facevano dopo anni, non dopo tre mesi».
Il suo, dopo quasi quaranta?
«Ho avuto amore, ho avuto dolore».
Banale.
«Ma la banalità è uno dei piaceri della vita. Mio padre lavorava tutto il giorno, a casa c’era solo a pranzo e a cena. Al sabato si tagliava l’erba in giardino. Alla domenica si andava con la mamma a messa e poi lavavamo la macchina. Questo è il mondo in cui sono cresciuto e dove ho imparato ad amministrare i milioni di dollari o la fatica pazzesca della vita. Ma lo sa che certe volte mi obbligavano a essere in due continenti diversi nello stesso giorno per fare promozione a un disco?».
Tempi passati.

Oggi magari si consiglia un lifting per sembrare più giovani.
«A me è andata bene: mia nonna è morta a 104 anni con la pelle liscia come quella di un bambino. Per me idem. Il lifting l’ho fatto solo alla mia vita privata».

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