«Professori, non abbiate paura di portare i ragazzi a vedere Katyn». Nicolò Scialfa, preside del Vittorio Emanuele Ruffini, storico, ex di Rifondazione Comunista, oggi nellItalia dei Valori, segno distintivo «onestà intellettuale», non ha paura di guardare in faccia la Storia. Perché ne ha rispetto. Anche di quella del comunismo disonesto e fratricida che ha caratterizzato la Russia di Stalin. E fa suo linvito rivolto da Massimiliano Lussana, caporedattore de il Giornale, a vedere il film «Katyn».
Lei, uomo di sinistra, responsabile nazionale per la Scuola dellIdv e presidente provinciale di presidi genovesi, manda i giovani a vedere uno dei capitoli più cruenti della politica di Stalin: leccidio da parte dellesercito russo di quasi ventimila ufficiali polacchi. Cosa succede?
«Succede che io sia convinto che loccultamento della verità danneggi i nostri figli. Quindi ho sollevato la questione perché sono convinto che la Storia non appartenga a nessun schieramento, e che la verità storica vada sempre raccontata».
I maligni direbbero che lei, tra i professori di Storia, è una mosca bianca. Il film di Wajda non è stato capillarmente distribuito in Italia, pur essendo candidato allOscar: parla male dei comunisti.
«Invito i miei colleghi a non aver timore a far vedere il film, naturalmente va spiegato ai ragazzi senza nascondere che Stalin ha fatto fuori milioni di comunisti. Questo è un film contro i totalitarismi, tutti i totalitarismi».
E i suoi colleghi come la pensano?
«I presidi rispondono bene, almeno credo. La Storia non è di destra né di sinistra e va spiegata al mattino mentre al pomeriggio i ragazzi di quarta e quinta possono vedere i film. Io per i miei studenti ho organizzato una rassegna con Orizzonti di gloria, Quella carezza del giorno, Schindler List, Katyn e La battaglia di Algeri».
La Storia della Resistenza è stata riletta grazie a libri come quelli di Pansa. Cosa ne pensa?
«Pansa ha un difetto, la butta troppo sullaneddottico senza approfondimento. Ma non lo demonizzo.
I libri di storia vanno riscritti?
«No, sono fatti bene. Sono i professori che spiegano poco».
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