Milano non è mica tutta uguale. Ogni quartiere ha unidentità. E un cuore, proprio come quello che ricordano i figli del dopoguerra, quando «Nessuno si chiudeva in casa. Si viveva gomito a gomito, miee, nevodìn, fradèj, sorèj, cugine zitelle, preti e perpetue...», come racconta Laura Pariani nel suo toccante capolavoro meneghino Milano è una selva oscura (Einaudi). Quei cuori di quartiere battono ancora e rendono Milano una fucina di storie e personaggi. Una di queste storie è quella di don Claudio Burgio, nato nel 1969 in un quartiere storico come il Giambellino, «in un contesto popolare che favorì la nascita della mia passione educativa», come ci ha raccontato. Oggi don Burgio, a soli 41 anni, è un pezzo di storia di Milano. Della storia migliore, fatta di operatività quotidiana, di cose concrete, di persone che al posto degli orari e delle rivendicazioni hanno messo volontà, speranza e, in certi casi, preghiera. Cappellano del carcere minorile «Cesare Beccaria» a fianco di don Gino Rigoldi (è l'unico che, insieme con lui, può entrare nelle celle), direttore della Cappella musicale del Duomo, autore di un catechismo per adolescenti diffuso in moltissime diocesi italiane, da qualche giorno don Claudio è arrivato anche in libreria, con Non esistono ragazzi cattivi. Esperienze educative di un prete al Beccaria di Milano (Edizioni Paoline), che verrà presentato domani al circolo Acli di Lambrate (via Ponte Rosso 5, ore 21).
Quello che oggi si occupa di due tra le istituzioni più significative della città, il carcere e la cattedrale appunto, è partito come un ragazzo qualsiasi, dal Giambellino. Quando arriva al liceo però, capisce di avere una missione. Non ancora una vocazione, ma un istinto primario che gli viene dal cuore: aiutare i ragazzi in difficoltà. Fa il volontario in una comunità. Poi arriva il momento dellincontro con Dio. E ancora, nella sua prima parrocchia a Lambrate, altro quartiere in cui i milanesi imparano a essere concreti ancora prima che a compitare lalfabeto, don Claudio crea Kayròs, un progetto di comunità che continua ancora oggi. Nel libro, si racconta soprattutto lincontro con una realtà di cui in città si parla poco, il «Cesare Beccaria», istituto penale minorile nato negli anni Sessanta in via dei Calchi Taeggi 20, 2mila metri quadri senza sbarre per un numero variabile di ragazzi - sempre intorno ai cento - tra i 14 e i 21 anni. Una realtà che andrebbe esplorata più a fondo, a fronte di un interesse sempre crescente dei media verso gli adolescenti, i loro problemi, aspettative, desideri e trasgressioni. Tutte cose che don Burgio conosce benissimo: «Non siamo solo quelli che celebrano la messa quando capita, ma figure di relazione. Parliamo coi ragazzi non solo dei reati, ma delle motivazioni. Diamo un nome ai problemi, per rielaborare la loro storia».
Per questo don Burgio ha il polso della situazione, e il suo libro ha valore di modello pedagogico: «Sorprende che al Beccaria siano in aumento gli arrivi tra i ragazzi di buona famiglia, regolari, che vivono in contesti sociali di benessere. Inoltre, i consumatori di cocaina o di alcol tra i minori dellistituto sono almeno il 90%. Gli adolescenti sono fragili e già frustrati, perché spinti a ottenere risultati al di là delle loro possibilità. Spesso i reati sono dettati dallimprovvisazione». Questo stesso sacerdote è il rettore della scuola più antica di Milano, nata oltre 600 anni fa per educare ogni anno dieci nuovi bambini di quarta elementare che fino alla terza media canteranno ogni domenica in Duomo: «Due prove al giorno oltre alla formazione scolastica.
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