«Io, sindaco sportivo, comincio ora la mia gara»

«Io, sindaco sportivo, comincio ora la mia gara»

nostro inviato a Cremona

L’esclamazione del momento fa rima col Torrazzo. È la sorpresa di fronte all’imprevedibile: nel Dopoguerra, mai un uomo di centrodestra era riuscito a diventare sindaco di Cremona. L’impresa riesce al maciste della pagaia, abituato in gioventù ad esaltare i colori d’Italia solcando le acque dentro l’esiguità di una canoa. Oreste Perri: per quelli di una certa età, l’Abbagnale padano. I suoi, titolari di un’officina, lo mandarono al fiume su consiglio del medico, che lo trovava un po’ storto e un po’ gracilino. Ne uscì una belva. Ma dal cuore mansueto. In pochi anni, ce lo siamo ritrovati medagliato d’oro come una madonna candelora. E a seguire, chiusa la carriera agonistica, eccolo glorioso Ct della nazionale, fondatore di una vera e propria scuola italiana. Otto olimpiadi in panchina, anch’esse molto medagliate. Come questa sua vita di sport, nel giro di pochi mesi, si sia tramutata in una storica vittoria politica, è ora lui stesso a spiegarmelo, inevitabilmente ancora un po’ inebriato dai numeri e dalla baraonda, come una volta, quando scendeva dal podio dopo l’inno di Mameli.
Sindaco Oreste, lei è un’icona della mia gioventù, e non solo della mia: devo proprio chiamarla sindaco?
«Io sono sempre Oreste Perri, non è cambiato niente».
Proprio niente, non è esatto.
«Io non sono un politico, né tanto meno uno sportivo prestato alla politica: sono soltanto un tizio che si è messo a disposizione».
Come l’ha vinta, questa strana gara?
«A novembre mi hanno sondato per un’eventuale disponibilità. Mi sono sentito lusingato della fiducia. Ho detto sì. Se c’è bisogno di me, se la mia città ha bisogno di me, io sono qui. Mai avrei pensato però che finisse così. Sinceramente. Non pensavo neppure di diventare il candidato ufficiale del centrodestra: eravamo in quattro, le altre persone erano molto capaci. Invece...».
Chiuderà con la canoa?
«Mi rincresce, amo il ruolo di Ct, ma io riesco a fare bene solo una cosa. Quello del sindaco è un posto già abbastanza impegnativo».
S’è molto stressato nella corsa delle percentuali?
«No. Lo sport mi ha insegnato tante volte a perdere, ero prontissimo».
Più facile vincere le gare o le elezioni?
«È una fatica terribile in entrambi i casi».
Più bello vincere le gare o le elezioni?
«Nella gara, si vince o si perde ed è finita lì. Qui non ho vinto nulla: la gara comincia adesso».
Come minimo, sarà un po’ sotto osservazione.
«Lo so. Però parto da una buona base: so di dover imparare. Saggio è colui che sa di non sapere».
La trovo un po’ socratico.
«Ho qualche capacità, ma anche dei limiti. Per questo, come nello sport, è importante fare una bella squadra. Ciascuno, con i suoi pregi, limiterà i limiti degli altri».
Ha promesso poltrone?
«Ho promesso che ci sarà molto da lavorare».
Non la faccia tanto facile: al momento di fare le giunte, succedono cose turche.
«È la prima volta che vinciamo a Cremona. Siamo tutti consci che adesso viene il difficile: dobbiamo fare bella figura. Mi appoggerò a specialisti nei diversi campi, come un allenatore. Servono il preparatore, il medico, lo psicologo, i dirigenti. Uno non può fare tutto».
Diamo per data la solita frase di qualsiasi neoeletto: sarò il sindaco di tutti. Provi a dirne una diversa.
«Sarò il sindaco che ascolta tutti. Prima di decidere. Non farò calare nulla dall’alto».
Però bisognerà pure che qualcuno decida, alla fine.
«È un principio di responsabilità. Si ascolta tutto e tutti, alla fine si tirano le somme e si decide. Sono pronto a decidere».
Di che cosa ha bisogno Cremona?
«Di ritrovare un suo entusiasmo. Siamo una città un po’ vecchiotta, i nostri giovani vanno a studiare e a lavorare a Parma, a Milano, a Pavia. Il mio sogno, in questi cinque anni, è creare per loro dei buoni motivi per restare qui».
Ha stupito il rapporto cavalleresco tra lei e il suo rivale Corada.
«Io vengo dallo sport. Da un certo sport. Si lotta fino alla fine, ma si rispetta l’avversario. Punto. Corada è un’ottima persona. È stato anche un ottimo sindaco. Non sarei mai sceso in basso, per batterlo».
Dicono di lei che sia uno sprovveduto, un ingenuo, un candido della politica.
«Se la politica è una tessera di partito, se è un luogo dove qualunque cosa dica un nemico è una stupidaggine e qualunque cosa dica un amico è un colpo di genio, allora confermo. Sono uno sprovveduto.

Ma se la politica è l’arte del fare, del trovare soluzioni, del mediare gli interessi, allora dico che da sempre faccio politica».
Che cosa proprio non sopporta della politica?
«Il colpo basso. La meschinità che va sul personale».
Allora, sindaco Oreste: buona fortuna. Ha bisogno di fortuna?
«La fortuna bisogna andarsela a cercare».

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