«Io sul volo di Stato» L’assistente di Prodi scoperto si dimette

Riccardo Capecchi scrive a Dagospia E Palazzo Chigi gradisce: gesto apprezzato

da Roma

Forse perché da piccolo è stato un «lupetto». Cresciuto con l’idea di doversi fare onore, meritare la fiducia ed essere leale. Forse per non deludere tutti quelli che lo hanno conosciuto quando era un rappresentante scout e lo consideravano un esempio. Sta di fatto che evidentemente Riccardo Capecchi, da ieri «ex» collaboratore del premier Romano Prodi, prova ancora, magari soltanto a sprazzi, un sentimento oramai ignoto alla classe politica italiana: il pudore. E così non ha sopportato il disagio di aver commesso quella che lui stesso definisce «una leggerezza».
Quale? Anche Capecchi era su quell’oramai famigerato volo di stato da Milano a Roma, dopo il Gran Premio di Monza di Formula 1. Sull’aereo c’erano pure il vicepremier Francesco Rutelli e il Guardasigilli Clemente Mastella con prole. Il ministro della Giustizia una volta beccato ha reagito alla grande. «Che c’è di male?» ha chiesto Mastella, sinceramente stupito di tanto scalpore visto che, ha subito spiegato, doveva «premiare il terzo arrivato». Il suo era in realtà un compito istituzionale. Una precisazione che il ministro ha diramato anche attraverso il suo portavoce che ha definito la presenza di Mastella al Gran Premio «una visita ufficiale». E visto che le polemiche sulla questione non accennavano a placarsi Mastella le ha stroncate definendole killeraggio politico: un chiaro tentativo di colpire il governo Prodi. Poi però, irritato dal fatto di essere chiamato in causa soltanto lui, ha pure rifilato una bella pugnalata alle spalle all’altro ospite dell’aereo, Rutelli scrivendo sul suo blog «che sull’Air Force italiano» oltre a lui c’erano pure «il vicepremier Francesco Rutelli che s’è portato la moglie. La signora Barbara Palombelli» e Renzo Lusetti con il figlio, sottolineando come questi particolari fossero stati omessi nei resoconti dell’Espresso, che aveva dato la notizia del volo di stato.
Alessandro Manzoni faceva dire al suo Don Abbondio che se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare. Altrettanto vale per il pudore che nessun italiano si aspetta più di trovare nei palazzi del potere. E invece a sorpresa ecco che spunta un Riccardo Capecchi che oltretutto per rendere note le sue dimissioni sceglie una via davvero singolare: scrive una lettera a Dagospia. È proprio sul sito curato di Roberto D’Agostino infatti che Capecchi ha visto la sua foto, colto mentre si appresta a salire la scaletta dell’aereo. Capecchi scrive di essere salito sull’aereo per «un atto di cortesia» di Rutelli (il quale più tardi smentisce: nessuno lo aveva invitato, s’era presentato di sua iniziativa). Sa bene di non aver «commesso alcun illecito o violazione della legge» ma insomma un po’ si vergogna, vuole evitare di mettere in imbarazzo il governo e Prodi e dunque si dimette dal suo ruolo di collaboratore. Lo stesso Dagospia apprezzando il gesto di Capecchi gli fa notare che a dimettersi non dovrebbe essere lui ma il ministro della Giustizia. E probabilmente non è il solo a pensarla così.
Ambiguo e gravido di possibili conseguenze il commento di Palazzo Chigi.

«È un gesto personale che è stato apprezzato», sarebbe l’opinione non ufficiale ma assolutamente sentita del premier. Chissà se sarebbe altrettanto gradita l’irrevocabile offerta di dimissioni da parte degli altri partecipanti al volo?

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