«Io, toga del Csm, dico no allo strapotere delle correnti»

«Insisto nel sostenere che l’ampio sorteggio dei candidati per l’elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura vada seriamente preso in considerazione e che, comunque, il sistema di elezione attuale sia da superare al più presto». A parlare, in questa intervista al Giornale, è Cosimo Maria Ferri, giudice e membro togato del Consiglio superiore della magistratura. Il sorteggio, le correnti e tutto il resto: sono parole controcorrente le sue, a cominciare dall’apertura sulla riforma elettorale del Csm avanzata dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, una proposta, questa, fortemente contrastata dall’Anm, l’Associazione nazionale magistrati presieduta da Luca Palamara.
Giudice Ferri ma lei è davvero favorevole alla proposta del ministro Alfano?
«Da iscritto attendo risposte concrete. Con il presorteggio dei candidati si amplierebbe la rosa dei candidati per renderla più rappresentativa. Insomma, si eviterebbe che fossero le correnti a predesignare chi si debba candidare».
Secondo lei cosa c’è che non va nell’attuale sistema elettorale del Csm?
«Il correntismo - questo il messaggio che vorrei far arrivare ai miei colleghi magistrati - non ha nulla a che vedere con l’autogoverno, l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, a cui tengo molto. Io ho faticato di più per farmi candidare dalla mia corrente, Magistratura indipendente, che per venire eletto al Csm. Dalla mia corrente sono stato candidato per un solo voto di scarto. Deve tener presente alcuni dati per capire appieno il peso correntizio in magistratura».
Quali dati?
«Alle ultime elezioni del Csm su 16 posti per togati (2 per giudici di Cassazione, 4 per Pubblici ministeri, 10 per Giudici di merito), e con 9mila magistrati aventi diritto al voto, si sono presentati soltanto 20 candidati. In quota giudici - ad esempio - le candidature sono state 12 e solo due colleghi, pertanto, sono rimasti esclusi; nella quota dei pubblici ministeri, invece, si sono candidate 5 persone per 4 posti (sempre con 9mila magistrati che votano) e per la Cassazione c’erano tre candidati per due posti. Quindi, una volta ottenuta la candidatura, grazie all’appoggio della propria corrente, viene eletto l’80% dei candidati».
Insomma, se si ha l’appoggio di una corrente ci sono 8 possibilità su dieci di farcela, altrimenti nisba?
«È vero che la legge consente a chiunque di candidarsi però di fatto - se non in casi isolatissimi - nessuno al di fuori delle correnti ha l’ardire di proporsi e difficilmente, se rimarrà questa legge in futuro aumenteranno i candidati. Non è facile per un magistrato di valore che è fuori da questi schemi farsi eleggere senza una corrente d’appoggio. Per questo diventa determinante la designazione da parte della propria corrente di appartenenza. È questa situazione che va superata».
Come?
«Io sono aperto a qualsiasi tipo di nuovo sistema purché si svincoli il Csm dalle correnti, dato che l’associazionismo è un indiscutibile valore quando non sfocia negli effetti negativi del correntismo».
Lei, qualche tempo fa, ha parlato di disaffezione dei magistrati verso le scelte del Csm.

Può spiegare meglio?
«Le scelte del Csm, da un po’ di tempo, vengono impugnate con più frequenza davanti alla giustizia amministrativa. Ribadisco che oggi c’è disaffezione e stanchezza da parte di molti magistrati. C’è uno scollegamento tra i dirigenti e la base, la quale non capisce più la linea dell’Anm e le decisioni del Csm».

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