Irak nel sangue La vendetta di Al Qaida: venti attentati, 180 morti

Una raffica impressionante di una ventina di potenti esplosioni pressoché simultanee di autobomba e ordigni artigianali ha travolto Bagdad e una cittadina della provincia di al Anbar. Il bilancio, ancora provvisorio, è degno dei peggiori bollettini di guerra: una sessantina di morti e oltre 180 feriti. Rivendicazioni ufficiali non ce ne sono ancora state, ma le autorità non hanno dubbi: «Si tratta di una vendetta di al Qaida per le perdite che ha subito», ha detto il generale Qassim Atta, portavoce delle operazioni di sicurezza a Bagdad, in riferimento all’uccisione dei due massimi capi dell’organizzazione di Osama bin Laden in Irak: Abu Omar al Bagdadi, «Emiro dello Stato islamico in Irak», cioè l’alleanza di gruppi terroristi con a capo al Qaida, e Abu Ayub al Masri, che era a capo del ramo iracheno della stessa internazionale del terrore, sin dall’uccisione nel giugno 2006 del famigerato Abu Mussab al Zarqawi. Nei giorni successivi, altri 300 attivisti di al Qaida sono inoltre stati catturati in operazioni diverse.
L’attacco più devastante è stato messo a segno nel grande e degradato sobborgo sciita della capitale, Sadr City: due autobomba sono esplose davanti a una sede della corrente politica che fa capo al leader radicale sciita Moqtada Sadr. Solo qui i morti sono stati oltre 35 e i feriti oltre 50. Quasi allo stesso tempo, altre due autobomba e un ordigno sono esplosi davanti ad altrettante moschee, uccidendo in tutto una quindicina di persone.

Nella città di Khalidiya, 85 chilometri ad Ovest di Bagdad, nella provincia sunnita di al Anbar, le bombe, ben sei, sono esplose invece di primo mattino, e avevano un chiaro obiettivo designato: un giudice istruttore antiterrorismo, e dei funzionari di polizia. Il giudice è rimasto illeso, ma un commissario e sei membri della sua famiglia non sono stati così fortunati. Sono morti sotto le macerie della loro casa, e una decina di altre persone sono rimaste ferite.

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