Iran L’Occidente tende la mano ma prepara la guerra

Dal primo di ottobre, ovvero dai colloqui del 5+1 di Ginevra con l’Iran di Ahmadinejad, la situazione si è ulteriormente complicata: i colloqui hanno messo il mondo in uno stato di speranzosa aspettativa. Obama ha messo in scena con un certo successo lo spettacolo di «utili colloqui», ma nessuno, anche negli Stati Uniti, ha voglia di farsi prendere in giro. Il presidente americano sa che i risultati di una beffa sarebbero disastrosi e che fidarsi di Ahmadinejad è un rischio che nessuno può assumersi. Dunque l’ipotesi della guerra persiste. Nessuno vuol fare la figura del cretino, se l’Iran finge di trattare solo per prepararci una bella sorpresa.
C’è stata la decisione del Pentagono di costruire una «gigantesca bomba capace di penetrare bunker profondi e ben difesi»; i sistemi di difesa antimissilistica americani ora di stanza in Israele per esercitazioni, resteranno probabilmente sul suolo ebraico; in Arabia saudita è sparito uno degli ingegneri atomici iraniani, Shahram Amiri, e l’Iran accusa gli Usa di essere coinvolti. Dunque, Obama stesso sembra essere il primo a immaginare che l’atteggiamento di Ahmadinejad, melenso e arrogante al contempo, non sia una garanzia. Oltretutto, sono molte le analisi che danno la capacità iraniana di produrre la bomba come già ultimata.
Quando negli anni fra il 2003 e il 2005 il P3 che trattava con l’Iran, l’Inghilterra la Francia e la Germania, costrinse il regime a due trattati, Hassan Ruhani, il negoziatore, affermò che mentre si trattava era stato dato ordine di raddoppiare i ritmi del reattore di Isfahan. Oggi le intenzioni sembrano le stesse. E, di più, la centrale di Qom proprio per le sue piccole dimensioni sembra essere l’anello di una catena di strutture simili. E forse non solo l’Iran sta fingendo: la Russia e la Cina, che hanno mostrato un maggiore interesse a fermare l’Iran, di fatto non hanno ripetuto l’ipotesi di nuove sanzioni. La Russia sembra anzi essere il migliore candidato per realizzare l’unico, controverso risultato della conferenza di Ginevra, ovvero occuparsi direttamente dell’arricchimento dell’uranio iraniano. Ma tutti sanno benissimo che il processo di arricchimento dell’uranio può essere facilmente, con vari passaggi, portato al 90 per cento anche dopo che siano stati realizzati livelli più bassi. Appare almeno difficile realizzare un controllo, e politicamente improbabile. La Russia e la Cina, con la Corea del Nord sullo sfondo, hanno aiutato il regime di Ahmadinejad nella costruzione e nel funzionamento delle centrifughe per la costruzione di una potenza balistica ormai molto esibita e anche esportata persino ai talebani oltre che agli hezbollah: il loro interesse è economico ma soprattutto ha quel tradizionale tratto antiamericano che è parte dello spirito stesso dei due Paesi, e da quando Obama ha cancellato lo scudo spaziale da un giorno all’altro, la possibilità di far leva su Putin è minore. Le ispezioni previste nei colloqui sulla struttura di Qom (quella appena scoperta) potrebbero non avvenire affatto o avere un carattere truffaldino. Le precedenti ispezioni del capo dell’Aiea Mohammed Al Baradei non hanno dato certo risultati capaci di bloccare l’Iran, ed egli è apparso più come un partner che come un controllore. E se anche riuscirà a vedere le installazioni di Qom, che differenza potrà fare il suo rapporto sulle centrifughe preparate per la visita? Ci vorrebbero visite improvvise. Troviamo foto delle strutture nucleari dell’Iran addirittura sul National Geographic, numero di agosto, e vi sono riprodotte anche ottime mappe: ma non vi troveremo, e non ci aiuterà Al Baradei, le centrali segrete.
La storia dimostra che intorno e sotto i «positivi colloqui» c’è un terremoto incontrollabile. Questo certo non sfugge a Israele che valuta ogni giorno lo stato delle cose, sperando che non le tocchi l’ingrato compito, che nessuno vuole affrontare, di fermare una potenza che minaccia tutto il mondo. Israele più di tutti è sotto la minaccia diretta dell’Iran anche perché il tenerla nel mirino come simbolo dell’Occidente imperialista rappresenta per gli ayatollah l’arma ideologica di cattura anche della controparte sunnita. Se dovesse attaccare l’Iran sa che pagherebbe un terribile prezzo in termini di risposta missilistica e di attacchi terroristici.

Ma sa che sarebbe un danno molto minore del possesso della bomba H da parte dell’Iran, una spada di Damocle su ogni sua azione e una formidabile copertura per Hamas, Hezbollah, Al Qaida, talebani... tutti i terroristi del mondo che magari hanno fra loro profondi dissidi ma vanno d’accordo sulla decisione di distruggere Israele.

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