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"Iran referendum sul regime"

L'appello del leader dell'opposizione per il rilascio degli arrestati: "Lasciate che il popolo esprima le proprie proteste e le proprie idee". Khatami sfida Ahmadinejad e chiede un referendum di legittimità

"Iran referendum sul regime"

Teheran - Un referendum per decidere sulla legittimità della rielezione di Mahmud Ahmadinejad. A chiederlo è un gruppo di leader riformisti della repubblica islamica guidati dall’ex presidente Mohammad Khatami, dopo le proteste di piazza per i presunti brogli nelle presidenziali del 12 giugno. Non solo. Il leader dell'opposizione, Mir Hossein Moussavi, torna a chiedere che il governo iraniano rilasci i prigionieri politici arrestati nelle ultime settimane. Ma la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, lancia un chiaro messaggio a tutte le autorità dello Stato: "Devono prestare la massima attenzione alle loro dichiarazioni".

Khatami chiede il referendum L’ex presidente riformista iraniano Mohammad Khatami ha chiesto alle autorità di indire un referendum sulla legittimità del governo, sfidando il leader supremo del paese che ha appoggiato i contestati risultati delle elezioni presidenziali di giugno. Per la prima volta dopo settimane di tregua, venerdì nel centro di Teheran sono scoppiati disordini tra polizia e manifestanti riformisti dopo che un altro ex presidente, Akbar Hashemi Rafsanjani, ha dichiarato che la Repubblica Islamica sta attraversando un periodo di crisi dopo le elezioni del 12 giugno. "L’unica via di uscita dalla situazione attuale è un referendum", ha detto Khatami secondo quanto riportato da diversi siti Web. "Alle persone bisognerebbe chiedere se sono felici nelle situazione attuale. Se la grande maggioranza del popolo è felice nell’attuale situazione, lo accetteremo come è giusto". I risultati delle elezioni hanno dato al presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad una vittoria schiacciante, e hanno scatenato le più grandi manifestazioni nel paese dai tempi della rivoluzione del 1979. Almeno 20 persone sono morte nei disordini, prima che la polizia e l’esercito sedassero le proteste. Le elezioni hanno anche rivelato divisioni profonde nell’élite al potere in Iran: il candidato riformista sconfitto Mirhossein Mousavi, Khatami e Rafsanjani continuano a mettere in dubbio i risultati delle elezioni anche dopo che il leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, la figura più potente dell’Iran che per tradizione ha l’ultima parola su questioni politiche, li ha appoggiati.

Moussavi al governo: "Rilasciare i prigionieri" Mir Hossein Moussavi ha di nuovo chiesto che il governo iraniano rilasci i prigionieri politici arrestati dal 12 giugno, quando esplose la protesta contro i risultati delle presidenziali. In una dichiarazione pubblica sul sito riformista Mosharekat, il leader dell’opposizione ha affermato: "Chi può credere che questa gente, molti dei quali autorevoli personaggi, possa aver complottato con gli stranieri e messo a rischio gli interessi della nazione? Devono essere immediatamente rilasciati". A molti di loro, prosegue la dichiarazione, "non è stato consentito di vedere i propri avvocati. La detenzione non risolverà il problema (dei risultati contestati, ndr). Lasciate che il popolo esprima liberamente le proprie proteste e le proprie idee". 

La minaccia di Khamenei Khamenei ha affermato che tutte le autorità dello Stato devono prestare "la massima attenzione" alle loro dichiarazioni. Un avvertimento lanciato dopo che venerdì l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani aveva gettato dubbi sulla regolarità della rielezione alla presidenza di Mahmud Ahmadinejad durante un suo sermone alla preghiera collettiva, seguita da nuove dimostrazioni di piazza e scontri con le forze di sicurezza. "L’elite politica del Paese - ha detto Khamenei, citato dalla televisione di Stato - deve esercitare grande vigilanza perchè attualmente si trova di fronte ad una sfida significativa. Un fallimento nel fronteggiare questa sfida porterebbe al suo crollo".

Il giallo Rahim-Mashaie Intanto è giallo sulle dimissioni di Esfandiar Rahim-Mashaie, il controverso primo vice presidente nominato da Ahmadinejad. Dopo che era stata data notizia di una sua rinuncia all’incarico, è arrivata la smentita dello stesso Rahim-Mashaie. «È una bugia, è una voce diffusa con un’azione coordinata da malintenzionati che vogliono rovinare l’immagine del governo», ha dichiarato alla PressTv, la stessa emittente che aveva riferito delle sue presunte dimissioni. Il sito presidenziale, peraltro, non ha mai rimosso la foto di Mashaie e il consigliere stampa del presidente Ahmadinejad ha denunciato le pressioni arrivate dai settori più oltranzisti perchè rinunci all’incarico. La scelta di Ahmadinejad di affidare al consuocero (il figlio del presidente ha sposato la figlia di Mashaie) la poltrona di primo vice presidente era stata criticata negli ambienti più conservatori. In particolare a Mashaie viene rimproverata una dichiarazione dell’anno scorso quando sostenne che la repubblica islamica può essere amica del popolo israeliano.

Mashaie è stato il responsabile dell’organizzazione statale per il patrimonio culturale e il turismo. 

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