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Israele: Livni in testa, maggioranza alle destre

La pioggia ha accompagnato per tutto il giorno gli oltre cinque milioni di elettori chiamati alle urne. Ma c’è un altro vento che da ieri spira su Israele. E che ha spinto i cittadini in cerca di un futuro più sicuro a muoversi verso destra. Intanto, però, Tzipi Livni, la prima candidata premier donna dai tempi di Golda Meir, festeggia il suo successo. A dispetto delle previsioni, favorevoli al leader della destra Benjamin Netanyahu, alla luce della metà delle schede scrutinate, è il partito centrista Kadima dell’attuale ministro degli Esteri Livni ad essere in lieve vantaggio sul Likud, con un numero di seggi che oscilla tra i 28 e i 30, uno o due di più rispetto al movimento dell’ex premier “Bibi”. Un risultato - seppur provvisorio - che va ben oltre le più rosee previsioni per l’ex “protetta” di Ariel Sharon, la cinquantenne ex agente del Mossad, tra le più convinte sostenitrici della soluzione «due popoli, due Stati» e che ora potrebbe aver ipotecato la poltrona di capo del governo. «Il popolo ha scelto Kadima», ha detto Livni “la bionda” mentre ancora era in corso lo spoglio. Poi l’invito diretto a Benyamin Netanyahu perché si unisca a un governo di unità nazionale guidato da Kadima e basato sui principali partiti israeliani, laburisti compresi. Tzipi Livni sa che i numeri sono troppo incerti e tenta l’apertura.
Eppure il Likud di Benjamin Netanyahu ostenta sicurezza. «Sarò io premier», dice “Bibi”. «Formare un governo per il ministro degli Esteri sarà difficile anche se i risultati saranno confermati». Una previsione abbastanza ovvia. Il percorso verso un nuovo esecutivo sarà denso di ostacoli e di certo segnato da intense trattative, in mancanza di una maggioranza netta, al momento in mano al frastagliato universo dei movimenti di destra, che sommati raggiungono circa 63 dei 120 seggi parlamentari. E che potrebbero anche fare blocco comune per impedire alla leader moderata di diventare primo ministro.
Nella partita elettorale che si è giocata ieri per la nascita della diciottesima Knesset la destra esce nettamente rafforzata, anche grazie alla partecipazione degli elettori: oltre il 60 per cento si è recato alle urne, il 2,5 per cento in più rispetto al record negativo registrato nel 2006. E c’è un altro fattore che potrebbe giocare a suo favore. È Avigdor Lieberman, l’uomo che con 14-15 seggi raggiunti (ne aveva 11) ha confinato i laburisti di Ehud Barak a quarto partito (13 seggi secondo le proiezioni), il cinquantenne dell’estrema destra che con la sua formazione, Israel Beitenu, sostenuto da una grossa fetta di immigrati russi, ha fomentato in queste settimane il nazionalismo più intollerante e la paura per gli arabi, lanciando tra l’altro la proposta di un «giuramento di fedeltà» per lo Stato ebraico.
Lieberman sarà decisivo per la formazione di un governo di coalizione in un quadro politico frammentato dopo la fine del governo di Ehud Olmert, il premier uscente travolto dallo scandalo dei finanziamenti illeciti. Ma il leader «razzista» - come lo definiscono gli stessi israeliani - rischia di rendere ancora più impervia la strada verso la pace. Hamas avrebbe infatti un pretesto di più per dirsi contrario ai negoziati con Israele e un’arma politica aggiuntiva per far presa sui palestinesi.
C’è il vincitore Lieberman ma c’è anche lo “sconfitto” Ehud Barak. I suoi messaggi ottimisti alla vigilia del voto non hanno fatto presa. Il Labour diventa quarto partito. Il peggior risultato della sua storia.

Ma tutto è possibile in un futuro governo di coalizione.

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