Israele rinuncia alla rappresaglia contro Hamas

La riunione dei ministri di Gerusalemme opta per la linea moderata per non intralciare gli sforzi diplomatici Usa. Rafforzate le misure di sicurezza nel Paese

Fausto Biloslavo

Altri settanta kamikaze palestinesi sono pronti a farsi saltare in aria, ma per il momento il governo israeliano ha deciso di non scatenare la temuta rappresaglia per l’attentato suicida di lunedì a Tel Aviv, che ha causato tra i passanti nove morti e quaranta feriti. In pratica ha risparmiato l’esecutivo di Hamas, già in difficoltà sia politicamente che finanziariamente per il congelamento dei fondi europei e americani destinati all’autorità palestinese.
La Jihad islamica, il gruppo terroristico che aveva subito rivendicato la strage provocata da un palestinese di 21 anni, ha annunciato con un comunicato diramato a Gaza che «l’operazione martirio è stata il primo frutto di una unità di kamikaze che comprende settanta fra uomini e donne». Il «serbatoio» di terroristi suicidi è stato rivelato da Abu Ahmed, il portavoce del gruppo oltranzista. Lo stesso Sami Salim Mohammed Hammed, il kamikaze saltato in aria a Tel Aviv, aveva anticipato nel video-testamento registrato prima della strage che «ci sono molti altri attentatori già pronti».
Nonostante le minacce il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, ha deciso di non ordinare un’azione militare su vasta scala contro il nuovo governo palestinese dei falchi di Hamas. Ieri il premier incaricato ha riunito i responsabili dell’antiterrorismo oltre ai ministri Shaul Mofaz (Difesa), Tzipi Livni (Esteri) e Gideon Ezra (Sicurezza interna). Nella riunione al vertice ha prevalso la linea moderata, dettata dal ministero degli Esteri, per non compromettere gli sforzi degli Stati Uniti tesi a isolare diplomaticamente e finanziariamente la nuova maggioranza radicale dei palestinesi.
Il Consiglio della sicurezza ha però ribadito che Israele «attribuisce la responsabilità dell’attentato a Hamas dal momento che non lo ha condannato». Il portavoce israeliano Ranaan Gissin ha accusato il movimento islamico di «avere permesso ad altre organizzazioni terroristiche di compiere questi orribili attacchi terroristici».
Il ministro israeliano alle Infrastrutture, Ronni Bar-On, stretto collaboratore del premier incaricato, auspica una linea ancora più dura: «Bisogna dire ufficialmente che l’Autorità palestinese è divenuta uno Stato terrorista che va trattato come tale. Abbiamo innumerevoli mezzi e disponiamo di un’importante riserva di obiettivi potenziali». In effetti il governo di Hamas, pur rispettando una tregua la cui durata è fissata in un anno, ha più volte messo in chiaro che non intende arrestare i palestinesi che colpiscono Israele. Il premier dell’Autorità nazionale, Ismail Haniya, ha riaffermato che «la perdurante occupazione israeliana e le aggressioni sono alla base del ciclo» di violenze. Il numero due dell’ufficio politico di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha dichiarato che «solo Israele è responsabile dell’escalation in corso».
Ancora più assurdo che alcune formazioni armate abbiano intimato al presidente palestinese, Abu Mazen, di chiedere scusa per aver definito «spregevole» l’attentato di lunedì a Tel Aviv. Secondo i Comitati di resistenza popolare e tre cellule delle Brigate dei Martiri di al Aqsa, «definendo “spregevoli” le eroiche operazioni di martirio, Abu Mazen denigra il sangue di chi si sacrifica per difendere la dignità palestinese». Le brigate al Aqsa sono il braccio terroristico nato da al Fatah, il movimento di Abu Mazen. Fra le vittime della strage ci sono anche due cittadini francesi, due romeni che lavoravano in Israele ed è rimasto ferito gravemente un ragazzo americano di 16 anni.
Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha espresso ieri la sua «forte condanna per l’attentato definendolo «ingiustificato e inutile». Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha inviato un messaggio a Olmert: «Saremo sempre a fianco del popolo israeliano nella sua sacrosanta lotta contro il terrorismo, il fanatismo e l’intolleranza». Anche la Commissione europea, che ha tagliato i fondi al governo di Hamas fino a quando non riconoscerà il principio dei due Stati, ha condannato fermamente la strage. Solo la Russia, che fa parte del cosiddetto Quartetto (Onu, Russia, Ue e Usa), incaricato di mediare fra israeliani e palestinesi, ha deciso di rompere il fronte concedendo al governo di Hamas 10 milioni di dollari.
Nonostante la rappresaglia sia stata al momento accantonata, le autorità israeliane hanno deciso nuove misure di sicurezza. A cominciare dalla revoca dello status di residenti agli esponenti di Hamas che vivono a Gerusalemme Est.

Da ieri mattina le principali strade ed il confine della «Linea verde», che separa Israele dalla Cisgiordania, sono presidiate da rinforzi freschi e i controlli accentuati. Durante la notte, poche ore dopo la strage, i corpi speciali israeliani hanno compiuto dei raid nella zona di Jenin arrestando ventidue palestinesi, fra cui Samih Hamad, 51 anni, padre del terrorista kamikaze.

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