Italia-Germania, Milano sogna un’altra leggenda

Giacomo Susca

Politici, ex calciatori, personaggi del mondo dello spettacolo. A Milano tutti si ricordano di quella notte leggendaria. Era il 17 giugno 1970, Italia-Germania 4-3 al termine di una battaglia lunga 120 minuti. Allo stadio «Azteca» di Città del Messico ci si giocava l’accesso alla finale di un Mondiale. La storia si ripeterà domani a Dortmund. Ancora Italia e Germania, proprio come 36 anni fa.
«Guardai quella mitica partita in un bar di un paesino della Valtellina - racconta Roberto Formigoni, presidente della regione Lombardia -. Ero con alcuni amici, stavamo preparando gli esami universitari. Al fischio finale festeggiammo tutti insieme per le strade di quel posto sperduto. Fu un momento di forte identificazione nazionale. E a noi diede la spinta decisiva per affrontare gli esami».
Sull’impresa degli azzurri Nando Dalla Chiesa, sottosegretario al ministero dell’Università e della Ricerca scientifica, ha scritto un libro, «La partita del secolo». «Vidi quell’incontro insieme ad altri studenti al pensionato Bocconi - rammenta il coordinatore milanese della Margherita -. Il trionfo finale riconciliò noi sessantottini ribelli col calcio». Per la prima volta, infatti, la gente si riversò nelle piazze per una vittoria della nazionale. «Improvvisammo delle bandiere con teli bianchi, rossi e verdi». Sulla sfida del presente, Dalla Chiesa si sbilancia: «Vinceremo noi, siamo più squadra».
Per il vicesindaco Riccardo De Corato fu «una nottataccia finita meravigliosamente con quel gol di Rivera. Ero a casa con mio padre - aggiunge il politico di An - e provai emozioni fortissime». Un aneddoto curioso lega l’ex sindaco Paolo Pillitteri alla semifinale del ’70. «Ero a casa con amici e le nostre urla di gioia svegliavano in continuazione mio figlio Stefano (l’attuale assessore comunale alla Qualità dei Servizi al Cittadino, ndr) che allora aveva tre anni. D’altronde, come si faceva a non gridare?».
Karl Heinz Schnellinger e Roberto Boninsegna l’hanno vissuta in campo quella gara. Su fronti contrapposti, come erano soliti fare in tanti derby della Madonnina. Sponda Milan per il tedesco, in maglia nerazzurra il «Bonimba». «Segnai uno dei miei rari gol in carriera proprio in quel match. Purtroppo non bastò», dice il biondo ex terzino rossonero. Una rete la mise a segno anche Boninsegna. «Era quella dell’1-0 - spiega l’ex attaccante dell’Inter -. Un’emozione grandissima, ma ancora non sapevo che mi attendevano più di cento minuti di lotta». Schnellinger non azzarda previsioni: «Mi auguro solo che vinca il migliore... magari ai supplementari!». Teme gli arbitri Boninsegna, che tiferà Italia dagli spalti del Westfalendstadium. «Speriamo non si facciano condizionare dal pubblico di casa - dice -. Se tutto fila liscio, vinciamo noi».
Conserva un ricordo nitido di quella magica serata anche Sandra Mondaini. «Fu un’altalena di stati d’animo contrastanti. Quando attaccava la Germania mi coprivo il volto con le mani per la paura che segnasse». La signora Vianello dice di conoscere l’arma segreta degli uomini di Lippi: «L’affetto per il povero Pessotto darà una carica in più al gruppo. Giocheranno anche per lui».
Aveva solo dieci anni Enrico Bertolino. «Di quel giorno ricordo che mi diedero il permesso di andare a letto molto più tardi del solito». Se gli si chiede un pronostico per la semifinale di domani il comico fa gli scongiuri. «Dico soltanto che la Germania è sempre stata improvvida con le dichiarazioni nei nostri confronti, dai tempi di Salò!». Bertolino non risparmia frecciate ai tedeschi.

«Ci hanno definito “parassiti”, ma che dire di chi va in giro coi calzini verdi e le infradito?». Comunque vada, per lui sarà una serata speciale. «Domani è il mio compleanno. Spero di festeggiare con un buon spumante italiano. Altrimenti, in frigo tengo sempre un paio di würstel...».

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