Un’Italia piccola piccola

L’inverno qui non passa mai. La sera scende improvvisa dopo le cinque. La piazza è vuota e nella strada principale si sente solo il rumore di qualche auto che passa lenta di tanto in tanto. Nei giorni di pioggia c’è un odore di bagnato che sale dall’asfalto. Te lo porti dietro per sempre, anche se vai a New York o a Sydney, dove la terra è rovesciata. Qualche volta si vede in lontananza l’ombra di una vecchia che cammina sghemba verso l’unica farmacia o esce dalla Messa serale dove in cinque o sei hanno detto un’Ave Maria ormai più per abitudine che per fede. Sono strani i piccoli paesi, quelli dove si muore a poco a poco ma non si nasce più. Sono arroccati su qualche colle dell’Appennino, nelle Langhe del dio Po o nelle Daune pugliesi, persi tra le nevi dell’arco alpino, nei ricordi di una rocca medioevale o tra le rocce senza sale dell’entroterra sardo o siciliano. Qui le case sono rimaste. Sono gli uomini che sono andati via e così un giorno scopri che la popolazione dei camposanti supera quella dei vivi. L’ultima speranza siede in Parlamento: una legge che riduca le tasse, agevolazioni fiscali ed economiche per i paesi delle anime morte.
I piccoli comuni, quelli con meno di cinquemila abitanti, sono 5834. Quasi duemila sono in via d’estinzione. I piccoli comuni, dicono le statistiche, sono la maggioranza in questa Italia nata piccola e divisa: il 72 per cento del totale. Il 34% degli abitanti ha più di 65 anni. Il 20% delle case è vuoto. Ma i numeri non dicono tutto. Qui c’è la spina dorsale dei mille campanili, dove il tempo, che passa lento, ti allunga la vita. Qui ci sono le viscere della penisola: tesori gastronomici che la voracità dei fast food non è riuscita a scovare. Ci sono dialetti, proverbi, pietre, mura, passati e archetipi genetici. E storie. A Stoccareddo, nell’altipiano di Asiago, dove tutti si chiamano Bau (su 402 persone 380 portano lo stesso cognome) e provengono da un unico capostipite, non ci si ammala mai. Il Dna dei Bau li rende immuni dalle malattie cardiovascolari e dal diabete. C’è Morterone, vicino a Lecco, dove sono rimasti solo in 33 ma non vogliono diventare frazione e resistono ad oltranza. C’è Cineto, vicino a Roma, dove sono in 663, ma quest’anno sono morti in 23 e non è nato nessuno. A Marcetelli, provincia di Rieti, da anni si aspetta che nasca un bambino. A Celle di San Vito, vicino Foggia, se uno cade a terra, ci rimane. La guardia medica ha solo disinfettanti e cerotti. Non c’è una banca. Non c’è l’ufficio postale. La sola lingua che s’insegna a scuola è l’italiano, perché non ci sono soldi per un corso d’inglese. E - aggiungono 268 abitanti - per somma sfiga qui non c’è neppure il mare.
Ma capita anche che i villaggi fantasma tornino a vivere. È successo a Colletta di Castelbianco, a dodici chilometri da Albenga, borgo medievale telematico.

Un paese completamente cablato, la fibra ottica arriva in tutte le case, in tutti i caffè, ovunque. Sono arrivati anche i turisti e tutti quelli che per lavorare non hanno bisogno di andare in ufficio. Se c’è un dio del telelavoro qui ha trovato casa.

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