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«Italia in ripresa e prima in Europa»

RomaApre la cartellina con gli appunti. Si sistema il microfono e rompe il ghiaccio: «Siete pronti a partire per le vacanze?». Due battute con i giornalisti della Rai, azienda che in parte più tardi bacchetterà: «Che aria si respira da voi, con i direttori che ho fatto io?». Poi lancia la prima «buona notizia». Secondo l’Ocse, «l’Italia è la prima in Europa per segni di ripresa». Un risultato positivo, dopo mesi di numeri in rosso, che Silvio Berlusconi non vede l’ora di spiegare nel dettaglio. «Da noi - riferisce - il superindice è salito di 4,8 punti percentuali su base annua, arrivando a 103,3». Insomma, «una buona notizia, che va nella direzione della fiducia». Un punto fermo che «deve sempre esserci per uscire presto da questa crisi».
In ogni caso, rimarca il premier, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi in cui traccia il bilancio dei primi quattordici mesi d’attività del governo, «oggi non c’è nessuno in Italia che perde il posto di lavoro e non ha l’assistenza dello Stato». La mission è nota: «Nessuno è stato lasciato indietro». E nonostante la congiuntura negativa, rivendica il Cavaliere, «abbiamo garantito subito la pace sociale, con 34 milioni di euro stanziati per gli ammortizzatori sociali». A seguire, l’annuncio di un’altra good news: «È in diminuzione l’utilizzo della cassa integrazione».
Archiviata la questione crisi, Berlusconi ricorda i successi dell’esecutivo in politica estera (dalla mediazione nel conflitto Russia-Georgia al successo della presidenza G8). Ma è sul fronte interno che la discussione si anima - complici le domande dei cronisti presenti in Sala Verde - attivata dal padrone di casa. Pronto a puntare l’indice, ancora una volta, sulla «campagna di calunnie e spazzatura» scatenata contro di lui, «che ha fatto male e fa male all’Italia». Tra l’altro, «questo sarà un governo forte, che durerà per i prossimi quattro anni - assicura infatti Berlusconi -. C’è chi ha tentato di impedirci di lavorare e di metterci in difficoltà. Ma quel che si è dimostrato, invece, è che io non ho scheletri nell’armadio e non sono ricattabile da nessuno». Ma non finisce qui. «Il premier - continua Berlusconi in terza persona - non si lascia demoralizzare da nessuno e da nulla. E chi attacca esce pazzo nel non riuscire a danneggiarci, visto che la grande maggioranza degli italiani apprezza quello che il governo ha fatto». A seguire, breve parentesi in chiave Pdl, per smentire i boatos circolati di recente: «Non voglio cambiare i vertici». D’altronde, «abbiamo cominciato bene e possiamo raggiungere la maggioranza assoluta, andando oltre il 50% dei consensi». Si cambia argomento. La stampa, pure straniera, «continua a dire che io odio le donne». Ma «se c’è qualcosa che io adoro - afferma con ironia - sono le donne, anche come ministri», della cui squadra si dichiara «arcisoddisfatto». Senza poi mai citarlo, il Cavaliere replica a muso duro a Paolo Guzzanti. «È tutto infondato e vergognoso - attacca -. Non ci sono mai state telefonate, né intercettazioni, come può dimostrare la magistratura, ma solo la vergogna per chi mette in circolo certe cose. È stato toccato il fondo». Inevitabile, a questo punto, che qualcuno (tocca a un giornalista di Repubblica) chieda lumi sull’intervista della figlia Barbara a Vanity Fair. «Non bisogna estrapolare ciò che viene detto, non si deve fare» e «mia figlia mi vuole un bene dell’anima, ha espresso stima e amore nei miei confronti, assoluti e totali». Semmai, spiega il premier, «è stata portata in quella direzione, che non voleva essere di critica rivolta a me». Il riferimento è ad un «se» di troppo. «La frase non era “se è giusto e leale” (non ci saranno lotte tra figli sul patrimonio di famiglia, ndr), ma “mio padre è giusto e leale”». «D’altronde - puntualizza - il suo papà non ha nulla da rimproverarsi nella sua vita privata. Non c’è nulla di cui si deve scusare con nessuno, nemmeno con i propri familiari. Chiaro?».
C’è spazio per parlare di Rai. L’occasione la fornisce una cronista del Tg3. «Lei appartiene a una testata che ieri (giovedì, ndr) è uscita con quattro titoli tutti negativi e di contrasto all’attività del governo», afferma Berlusconi, convinto che «non dobbiamo, non possiamo più sopportare che la Rai, la nostra televisione pubblica, sia l’unica tv al mondo che, con i soldi di tutti, attacchi il governo». «Siamo maggioranza, ma non vogliamo fare ciò che fece la sinistra in passato», dice.

Quindi, conclude, «il mandato che vorrei avesse la nostra tv pubblica - condiviso dagli italiani - è che faccia veramente il servizio pubblico e che non attacchi né governo né opposizione».

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