Italia sempre più nei guai: anche il vivaio è straniero

Se Amauri e Ledesma sono i nuovi italiani, definizione di Cesare Prandelli, ct senza pregiudizi ideologici, Strasser e Merkel sono i nuovi milanisti dell'epoca post Franco Baresi. Parenti stretti dei Maldini e degli Albertini che all'alba dell'era berlusconiana lucidarono il blasone del club in giro per l'Europa, perciò segnati da un comune denominatore costituito dal marchio di fabbrica, il settore giovanile insomma, ma con un diverso certificato di nascita accompagnato dalla suggestione di un tormentato viaggio intrapreso per sbarcare nel calcio italiano, tra speranze a volte tradite. Non sono nemmeno gli isolati rappresentanti di questo popolo variopinto approdato sui campi di calcio di casa nostra alla ricerca di un lavoro più che della solita fortuna. Le formazioni "primavera" di mezza serie A sono ormai colme di ragazzi arrivati dall'Africa e dai paesi baltici, di polacchi e di brasiliani respinti dal loro calcio selettivo a caccia di una rivincita oltre che di uno stipendio con cui aiutare famiglie sull'orlo della povertà. L'intreccio tra bisogni atavici e ricerca di un nuovo mondo è alla radice del nuovo fenomeno cominciato almeno 15 anni prima quando Franco Dal Cin, per esempio, trapiantò nella piana di Reggio Emilia una scuola calcio colma di nigeriani: erano gli anni del boom del calcio africano, quella sembrava la nuova frontiera del pallone, e volevano portarsi avanti senza investire grandi cifre.
È lo stesso spettacolo variopinto che spinge da qualche mese Arrigo Sacchi e i suoi collaboratori, esponenti del team nazionali giovanili, a girare ogni regione col dichiarato intento di reclutare forze indispensabili a rilanciare il credito e il futuro della patria azzurra. Le varie under, 17 e 19 l'età, sono andate incontro a qualche cocente delusione dopo aver dominato per anni, per decenni addirittura, il panorama continentale. Persino la vituperata under 21 di Casiraghi, esonerato dopo l'esclusione da ogni torneo, ha dovuto arrendersi all'evidenza schierando tra le sue fila gli afro azzurrini Ogbonna e Okaka (entrambi italianissimi quanto a natali), il centravanti della Roma appena sbarcato a Bari, autore del decisivo sigillo che ha permesso ai suoi di sbancare il derby di Lecce. Allo Strasser milanista, protagonista dell'esorcismo di Cagliari, primo gol in carriera, terza presenza complessiva, si possono aggiungere il kazako Merkel, stessa scuola milanista, o gli interisti passati tra le mani di Benitez nei giorni dell'emergenza neroazzurra a testimonianza solenne non già di una moda ma di una tendenza che ha risvolti in molti altri sport.
Per uno che arriva a tagliare il traguardo del debutto in serie A e a inseguire una carriera luminosa, ce ne sono cento che si disperdono nei campionati meno noti come può ricordare un tale di nome Enninaya, compagno d'arme nella primavera del Bari di Antonio Cassano, nigeriano di passaporto, considerato più abile e più dotato fisicamente di Fantantonio ma poi finito tra i dilettanti a caccia di uno stipendio e riciclato solo da una recente trasmissione di Gene Gnocchi. Rodney Strasser, Sierra Leone, 20 anni, deve quasi tutto a un torneo estivo, dalle parti di Crema: l'Aldini, storica società milanese, lo prestò alla primavera di Filippo Galli che ne rimase stregato. «Prendiamolo al volo» intimò il tecnico a dispetto dei soliti scettici in servizio permanente effettivo. A causa di procedure burocratiche, Strasser rimase fermo un anno prima di cominciare la sua scalata passando da Evani a Galli, quindi a Stroppa, facendosi coccolare prima da Ancelotti (papà del suo debutto nel 2008) e poi da Leonardo. Adesso, dopo lo squillo di Cagliari, tutto il Milan l'ha adottato nella speranza che questo "nuovo milanista" possa far compagnia agli altri che spingono e sperano, i Verdi e i Beretta, due attaccanti, italianissimi, già vicini al grande salto. Strasser è un ragazzo timido, parla tre lingue (italiano, inglese e francese), esibisce occhiali con montatura gigantesca che gli conferiscono l'aria da cerbiatto indifeso, ha un fratello che lavora a Londra nella city e una famiglia che stravede per lui.

Sembra fatto apposta per diventare l'erede di Gattuso a Milanello: ha lo stesso ghigno satanico nell'affrontare i rivali, grande forza fisica e una voglia di sfondare che è capace di spingerlo chissà dove. «Adesso ha imparato a tirare velocemente in porta» è l'osservazione di Filippo Galli, il supervisore del settore giovanile milanista. Ha imparato a fare gol e a sentirsi milanista.

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